LUCE estratti LUCE 320_De Caro_Dante O Benini | Page 4

¶INCONTRI Nella luce di Dante (O. Benini) “Qualsiasi atto del pensiero che crea un luogo architettonico non può non interagire con la luce, sia per gli interni sia per gli esterni” di Maurizio De Caro Photo © Toni Nicolini N on le chiedo cos’è la luce, perché forse nessuno lo sa con precisione; le chiederò invece cosa è per lei la luce, e cosa rappresenta nel suo lavoro di architetto La luce è materia che plasma la forma. In assenza di luce nessuna dimensione può acquistare volume, profondità, dinamicità; attraverso la luce si produce la sensazione compiuta dell’architettura, di cui è un elemento fisico e spesso metafisico. Qualsiasi atto del pensiero che crea un luogo architettonico non può non interagire con la luce, sia per gli interni sia per gli esterni. La forma di un oggetto di design è resa tangibile dalla sua dialettica col progetto illuminotecnico che lo determina. Non è dunque un abbellimento romantico, ma un elemento fondamentale della progettazione, fin dall’ideazione preliminare. In quest’artificio si nasconde lo stupore mai definito di uno spazio. Un mio cliente mi aveva confessato, tempo fa, che non era riuscito a scoprire fino in fondo il mistero della sua grande casa, e questo grazie al mutare e al dialogo tra la luce artificiale e quella naturale. Come cambia l’architettura rispetto alla luce, naturale e artificiale? Frank Lloyd Wright definiva il tracciato di una casa “from in to out”, perché lo studio della luce artificiale (parliamo di molti decenni fa) determinava la profondità di campo; come Scarpa per cui lo spazio non era altro che l’illusione che se ne dà. Entrambi sono stati maestri della manipolazione luminosa per le esigenze più alte del progetto d’interni. Un grande artificio, la scenografia dell’architettura pura. La luce naturale, invece, delimita i contorni, le masse e le componenti anche attraverso la produzione delle ombre, che non tutti colgono, poiché la percezione è “contaminata”. L’osservatore indifferenziato passa e attraversa l’architettura, ma questo non influenza lo sforzo dell’architetto per creare la giusta dialettica con la luce naturale, e, in effetti, col giungere della notte torna lo stupore, l’effetto speciale e la città diventa un’immensa scenografia da ammirare. Esiste secondo lei un rapporto tra la luce naturale e quella artificiale in architettura: la prima in relazione all’orientamento dell’edificio, le aperture, mentre la seconda diventa protagonista nello spazio costruito? Scusa se parlo di un mio edificio, ma nel progetto di via Valtellina a Milano ho disegnato due corpi con uno “zaino” che assembla tutti gli impianti dell’edificio, coperto da un gigantesco scudo microforato – per altro una delle prime applicazioni di questa tecnica. Di giorno l’edificio era percepito poco, ma di notte per effetto dello spettacolo luminoso le auto si fermavano per ammirarlo. Non dimenticare che io disegno principalmente di notte e dunque inconsciamente creo un “effetto notte”, indago sulle possibilità di percezione della mia architettura nella miglior ora possibile, quando INTERVIEWS / LUCE 320 31