LUCE estratti LUCE 318_Oldani_Le infinite stanze di Ariosto | Page 6

peculiare fisionomia architettonica e che, senza sovrastarla, ne potenziasse la capacità di ospitare opere e oggetti preziosi, era un traguardo affatto scontato. Per questo motivo, abbiamo ritenuto giusto avvalerci di un lighting designer che ci affiancasse aiutandoci a compiere le scelte giuste. ANTONIO RAVALLI "Abbiamo descritto un ambiente che avesse a che fare con la dimensione del sogno, dove le figure conosciute si potessero confrontare con gli elementi del mito, generando nuove relazioni" Architetto Ravalli, come un dato di partenza e una certezza di arrivo lei ha scelto incondizionatamente una cromia grigio-scura per tutte le pareti della mostra. Molto bella! Nella Sala della Luna ha voluto ricoprire anche il pavimento con una finitura scura per esaltare la singolarità di questo spazio. Vuole spiegarci il significato progettuale di questa penombra così pervasiva? La risposta è contenuta nel titolo della mostra. La volontà dei curatori non era tanto quella di raccontare la fortuna dell'opera letteraria, quanto quella di parlare delle figure che hanno influenzato l'immaginario dell'Ariosto. Figure conosciute o solo immaginate, studiate e mitizzate. Da qui la decisione di descrivere un ambiente che avesse a che fare con la dimensione del sogno, dove le figure conosciute si potessero confrontare con gli elementi del mito, generando nuove relazioni. La sala del desiderio e della pazzia che lei cita è un esempio chiaro di questo procedimento, il pavimento in lamiera di ferro con calamina enfatizza il buio in cui si stagliano solo la luna (rappresentata dalla sfera romana posta sopra l'obelisco vaticano che, leggenda vuole, contenesse le ceneri di Cesare), simbolo della pazzia d'Orlando, e la Venere pudica del Botticelli, simbolo della bellezza. L'intento è quello di costruire il buio ed enfatizzarlo sagomando le luci su tutte le opere. Una particolare attenzione da lei è stata posta agli oggetti tridimensionali evocativi: l'Olifante, la splendida sella da parate di Ercole I e l'elmo da giostra. Può spiegarci com'è nata l'idea di inserire nello spazio delle teche espositrici affusolate che segnano così fortemente la verticalità? Come cercavo di spiegare pocanzi, l'esposizione si compone di diverse tipologie di opere, pitture, libri e oggetti: la principale qualità di questi ultimi è proprio quella di appartenere alla categoria del mito. L'intento è stato quello di cercare di farli "volare". A questo si aggiunge che il percorso a "galleria" della sede per le temporanee del Palazzo dei Diamanti, poco si presta