Prefazione
Caro Peppino,
eccoti alcuni racconti che ti riporteranno indietro nel tempo,
facendoti rivivere, come accade a me, la fanciullezza e
l’adolescenza serenamente trascorse in un paese che oggi non
riusciamo più a sentire nostro non tanto per la lontananza, quanto
per i cambiamenti in esso intervenuti.
Ma non è mia intenzione rattristarti parlandoti di questo
doloroso (seppur inevitabile) processo di dissoluzione di un
mondo che niente e nessuno potrà ridarci e che sarà destinato a
rivivere solo nei nostri pensieri di “esuli”. Desidero, invece,
raddolcirti un po’ lo spirito amareggiato dalla constatazione che il
nostro piccolo universo non c’è più con la ingenuità e la
semplicità di cui sono impregnate queste storie di altri tempi,
ricordando le quali la parola “passato” non è un vano vocabolo,
ma un retaggio che ci rende più ricchi e sereni ogni volta che vi
attingiamo, poiché abbiamo la possibilità di distaccarci per un
po’ da uno squallido presente dominato da assurde frenesie,
esasperato materialismo e mortificante superficialità.
Certo, le storie che ti mando non sono direttamente riconducibili
al nostro personale vissuto, dal momento che narrano di fatti e
persone di parecchio tempo fa. Tuttavia esse hanno ugualmente il
potere di riportarci alla nostra mitica “età dell’oro”. Quell’età
popolata da straordinarie e indimenticabili figure umane dalle
quali abbiamo ricevuto saggi ammonimenti e preziosissime
lezioni di vita.
Esse vivono e vivranno sempre in me, non solo per l’affetto e
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