nestà e la straordinaria umanità che aveva. Non c’era
bisognoso che non venisse soccorso da lui. La casa sua
era il punto di riferimento di tanta gente: quella umile e
quella importante, che veniva trattata allo stesso modo.
Poi, dopo che il padre morì, lasciando un bambino ancora in fasce e la moglie ancora giovane e inesperta della
vita, la floridezza abbandonò quella casa. E con essa, a
poco a poco, la folla di persone che prima ci aveva fatto
un fila e tessi.1 Lei lo aveva saputo, poveretta, quello che
aveva dovuto passare per andare avanti senza dover chiedere la carità a nessuno! Si era spezzata le reni sui campi
degli altri, per tirare la paga bastante a sopravvivere decorosamente. Quante volte aveva dovuto assentarsi anche
per giorni, per raggiungere a piedi il posto di lavoro che
stava ora in quella masseria, ora in quell’altra.
In quelle occasioni Sistino aveva seguito la madre, che
se lo portava in braccio per chilometri e chilometri. Altre
volte era rimasto presso qualche parente o qualche vicina, che si erano occupati di lui. Ma ora, se tutto andava
bene, la madre avrebbe fatto la signo