Il voto, a ogni modo, non l’avrebbe dato mai a un’altra lista, perché aveva simpatizzato da sempre per lo stesso partito del sindaco. Gli uomini erano una cosa, l’idea
politica un’altra. Senza contare, per di più, che chi si era
presa la briga, in quell’occasione, di formare una lista
d’opposizione, non valeva niente. Che potevano fare di
buono questi altri candidati, visto che non avevano nemmeno un programma preciso, se non quello di sostituire
al Comune i vecchi amministratori? Più che fare politica, anzi, essi erano andati mettendo solo zizzania, con
quelle loro bocche aperte, buone soltanto a dire male del
prossimo. Molti erano stati fino ad allora amiconi del
sindaco. Ma siccome quell’altro malfatto non li aveva
accontentati nelle continue richieste loro (posti per se
stessi e i parenti, assegnazione di appalti e via dicendo),
ecco che per fargliela pagare gli si erano rivoltati contro.
Certo che ci voleva una bella faccia tosta! Lui non avrebbe mai votato per questi uomini dappoco, che non se ne
importavano niente del paese e miravano solo a fare lo
sgambetto a don Mimì. Le sole cose che avevano fatto
negli ultimi tempi erano stati ricorsi e denunce per ogni
scemenza.
Le elezioni si erano concluse con la vittoria di don
Mimì e con un nuovo voltafaccia di chi gli si era messo
contro. Tutto era passato. Anche i mesi di dubbio. Perciò
Sistino si avviò fiducioso verso il Comune. Non avrebbero rifiutato la licenza a uno così bisognoso di lavorare
come lui. Lo accolse il segretario in persona, tutto ossequioso e cerimonioso.
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