LIBERAMENTELIBRANDO "I carbonari della montagna" di Giovanni Verga. | Page 9

Dalla sua scuola, in cui accanto ad autori classici (Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso) e moderni (Monti, Foscolo, Manzoni) venivano proposti anche romanzieri catanesi (Domenico Castorina in particolare) e opere letterarie di scarso valore artistico, il Verga uscì con una formazione culturale non certamente solida e sicura sia sotto il profilo estetico che sotto quello linguistico, visto che il maestro, come scrive il critico Luigi Russo, non era “per nulla grammatichevole e cruschevole nel suo insegnamento” e “favorì piuttosto la letteratura di moda”, facendosi “banditore della più facile rimeria del tempo”. Egli, inoltre, proponeva agli alunni anche la lettura delle proprie opere, piene di amor patrio e di fremente sdegno contro gli oppressori della libertà, ma contenenti anche vizi di natura linguistica e stilistica. Dalle sue lezioni, tuttavia, il giovane Verga dovette rimanere segnato, se esordirà come scrittore con un romanzo storico (I carbonari della montagna, appunto), in cui traboccano quella stessa retorica patriottica e quello stesso sdegno contro gli oppressori stranieri (in questo caso i Francesi di Gioacchino Murat) che animavano il maestro quando rievocava le imprese a cui egli aveva partecipato nel 1848, combattendo a Catania contro i nemici della patria (i Borboni). Il futuro maestro del Verismo, in ogni caso, è già presente nell’opera (come rivela un suo più approfondito esame), sebbene ancora racchiuso in un bozzolo costituito da “materiali culturali deteriori” che, relegandolo in posizione periferica, rispetto alla cultura e alla “storia del suo tempo”, lo faranno attardare in “operazioni letterarie di retroguardia” (C. Annoni). Gabriele Falco 8