LIBERAMENTELIBRANDO "I carbonari della montagna" di Giovanni Verga. | Page 22

re, che la terra d’Italia conteneva le ossa dei suoi padri. Quell’italiano apparve luminoso come una meteora, egli si circondò di tutta la luce del secolo, si affacciò dalle Alpi con promesse di gloria e di prosperità, e scese a conquistare la sua patria con i nuovi concittadini che la sua ambizione gli avea dato. Le sue parole erano belle, l’Italia palpitò di una grande speranza; ei prometteva alla sua patria di rialzarla sul trono di grandezza da cui era discesa... Che fece quell’Italiano, Giustina?... Tolse alla sua patria i capolavori di arte, i rimasugli della sua gloria, i tesori delle sue terre, la dignità del soffrire; e la lasciò povera, derisa e senza gloria. Un giorno dal suo trono si ricordò che vi era un angolo di questa misera terra che se gemeva sotto un dispotismo austriaco non avea ancora provato il disprezzo e l’oppressione del soldato straniero; non per vendicare il sangue di Pagano, di Cirillo, e di Caracciolo, non per sollevarla dall’oppressione, ma per dominarla egualmente, egli vi mandò Gioacchino Murat, sovrano augusto... soldato sfrenato, a cui egli tolse lo stesso pudore del soldato, ed insegnò a non avere pietà di questa povera terra che calpestava sotto i piedi del suo cavallo” (pp.132-3). Più che il Guerrazzi, il Dumas e anche Walter Scott,1 l’iniziatore del romanzo storico; più che le letture fatte nella biblioteca dello zio Salvatore, dovevano però influire sul giovane Verga autori catanesi quali Domenico Castorina e Antonino Abate. Quest’ultimo, come vedremo, ebbe grande importanza nel la formazione del Verga, poiché fu suo maestro per circa dieci anni. 1 - “Sono pressoché sicure conoscenze autonome di Walter Scott, quasi un passaggio obbligato nella storia della lettura della prima metà dell’Ottocento (Walter Scott entra presto in Sicilia con traduzioni di prestigio di Michele Amari);”. Cfr. C. Annoni, op. cit., p.7. 21