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SUL COMPIMENTO DI UN'OPERA D'ARTE
Prima di trattare in dettaglio il processo creativo, in particolare
del trittico, vorrei spendere ancora due parole in generale sulle
opere d’arte e sul loro compimento.
Il processo creativo è certo l’aspetto essenziale di un’opera
d’arte, ma non è l’unico. E’ il compimento di un’opera d’arte
che la rende tale (eccezionalmente anche in quei casi di opere
così dette “incompiute” - meglio sarebbe dire “interrotte” -, come
l’Arte della fuga di Bach, o la Pietà Rondanini di Michelangelo).
Sulla base della mia esperienza personale, il compimento di
u n’opera d’arte include almeno 5 fasi: il concepimento,
il progetto, l’esecuzione (queste prime tre più strettamente
connesse al processo creativo e pertinenti all’autore), ma anche
il confezionamento e la destinazione ovvero la fruizione.
- Il concepimento, la “genesi”, corrisponde al sorgere di un’idea
- dicevasi “ispirazione” - e al suo prendere in tempo reale una
“forma” mentale.
- Il progetto è tutto ciò che intercorre tra il concepimento e
l’effettiva messa in opera. Nel mio caso è un’operazione
sistematica, abbastanza puntigliosa, in buona parte razionale.
Ma non è detto. Per altri può essere sciolta, istintiva. In ogni
caso è inevitabile. Come minimo ci si pone la domanda “come la
faccio?”, “di cosa ho bisogno per farla?”. Di più: il progetto tiene
in conto, magari inconsciamente, tutte le altri fasi e non può
eludere la verve, il concetto, la fattibilità, la comunicazione, ecc.
- L’esecuzione è l’aspetto più esaltante, indipendentemente dal
fatto che sia rapida, impulsiva, oppure prolungata e meticolosa.
In ogni caso coinvolge completamente l’artista su tutti i piani
esistenziali: fisicamente, emotivamente, psicologicamente,
energeticamente, spiritualmente. E’ una vera alchimia che
trasforma la pietra in oro, la materia amorfa in bellezza,
l’indifferenza in stupore, la vita ordinaria in potente flusso creativo.
- Il confezionamento sembra un aspetto meschino rispetto alla
nobiltà del concepimento e al fervore dell’esecuzione, ma per la
consapevolezza che attribuisco ad un vero artista non lo è mai.
Il senso compiuto di un’opera è che non si esaurisce in un
processo privato, ma che si innesti di fatto, o prima o poi, nella
realtà, nella vita, nella cultura, che interagisca con l’altro da sé.
E questo innesto va ragionevolmente favorito, secondo me, da
parte dell’artista, perché non è banale.