LA CIVETTA MAY 2022 | Page 49

L'aborto in Italia; la sua legalizzazione e opposizione

L'aborto in Italia; la sua legalizzazione e opposizione

Questo articolo si concentrerà sulla legalizzazione dell'aborto in Italia così come l'opposizione che ha affrontato e continua ad affrontare fino ad oggi. 

 

La legge sull'aborto, conosciuta anche come "Legge 194" è stata approvata per la prima volta nel maggio 1978. Prima di allora, praticare un aborto poteva comportare una pena detentiva da uno a cinque anni sia per la donna che per la persona che eseguiva la procedura. 

Secondo la legge 194, le donne hanno diritto all'aborto nei primi 90 giorni di gravidanza, che è gratuito per le donne che hanno una "tessera sanitaria". Tuttavia le donne che non possiedono questa tessera sono tenute a pagare, evidenziando così come questa legge emargini le donne che non hanno accesso a tale documentazione. In questo periodo di 12 settimane il motivo dell'aborto può essere dovuto a ragioni di salute, economiche o sociali, ma tra la 12ª e la 20ª settimana deve esserci un'anomalia fetale che metta in serio pericolo la salute della donna.

Il movimento anti-aborto è prevalente in Italia a causa della forte influenza della Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica crede nella santità della vita e considera l'aborto un peccato in quanto interferisce con il piano di Dio. Inoltre, la misoginia che è così evidente all'interno del cristianesimo crede anche nell'esercitare un controllo totale sul corpo delle donne, rendendole soggetti impotenti in tali questioni personali. Un esempio di questa opposizione è stato esemplificato da Papa Francesco che ha paragonato l'aborto ad "assumere un sicario per risolvere un problema". Questo evidenzia il sentimento anti-aborto che rimane prevalente in Italia oggi, anche dopo la sua legalizzazione. 

È interessante notare che la legge include anche un riconoscimento del "valore sociale della maternità" che effettivamente permette ai professionisti medici di rifiutarsi di praticare aborti sulla base dell'obiezione di coscienza, che spesso può essere legata a credenze religiose. Questo evidenzia come l'autonomia corporea di una donna possa essere negata per il fatto di dover contare sul consenso di un professionista medico per proseguire con l'interruzione di gravidanza. Secondo i dati del ministero della salute nel 2016, poco più del 70% dei ginecologi in Italia si è rifiutato di eseguire la procedura. Questo rifiuto può avere ripercussioni deleterie per le donne, in quanto la maggiore difficoltà di accesso all'aborto spinge le donne verso mezzi non sicuri per interrompere una gravidanza. 

Innegabilmente, la legalizzazione dell'aborto ha fornito alle donne l'autonomia di accedere ai servizi che permetteranno loro di interrompere la gravidanza in un ambiente sicuro. Tuttavia, non c'è dubbio che la continua opposizione della chiesa cattolica e persino dei professionisti medici è scioccante, poiché le donne dovrebbero essere autorizzate a decidere cosa fare con i loro corpi e non dover dipendere dal permesso di qualcuno che può obiettare sulla base della religione. 

Lucy Hollander