LA CIVETTA March 2015 | Page 22

IL DIPARTIMENTO conf ronto un bristolian a torino Ciò che mi ha maggiormente colpito in quanto studente Erasmus è l’approccio avanzato del sistema d’istruzione universitario italiano. Io ero all’Università degli Studi di Torino, e studiavo Storia dell’arte ed Estetica. Non si tratta assolutamente di un’esperienza rappresentativa dell’istruzione universitaria italiana in generale, ma è comunque stata l’occasione di constatare ciò che si dava per scontato da tutti, per quello che pareva: aule pienissime la prima settimana dell’inizio dei corsi, poi quasi vuote al termine del semestre. Una professoressa che, nonostante la diminuzione della quantità di studenti nell’aula, continuava a parlare in un microfono da un palco soprelevato e lontano. Una partecipazione minima da parte di noi studenti, poiché quasi mai richiesta o animata. E alla fine un esame, non sulla lezione che abbiamo ascoltato e seguito, ma sulla lezione com’è stata scritta nei libri presenti nell’elenco del programma didattico. Personalmente ho imparato delle cose, quelle che cercavano di insegnarci, e ho potuto leggere molti libri interessanti. Poi ho dovuto rigurgitare queste informazioni in vari esami orali, e avrei avuto sicuramente molto più successo se l’avessi fatto nel modo in cui ci si aspetta apparentemente che gli studenti facciano, cioè a memoria. Quest’istruzione, in fin dei conti, sembra potersi riassumere in questo modo: prima, ascoltare quello che si dice. Poi ripetere quello che è stato detto, o meglio scritto. Lì sembra finire. Il lato positivo di questo approccio dell’istruzione è che se ci si impegna per dominare le aspettative di quel sistema, si diventa molto istruiti e competenti in un certo modo di fare e di pensare. Ma un lato negativo potrebbe forse essere che questo approccio, che lascia poco spazio all’espressione individuale , mira ad autogiustificarsi, producendo la stessa materia di cui è fatta, cioè producendo persone, membri utili per una determinata società come quest’ultima vuole che siano utili, invece di cercare di formarli in modo da superare le insufficienze del sistema esistente. Forse la cosa migliore di questo sistema è che, se si riesce ad evitare il disfattismo, può magari inculcare un certo spirito critico insieme agli strumenti intellettuali necessari per trasformare il sistema che ci ha formato, e cercare altri modi di fare e di pensare. ned darlington