POLITICA
Sono passati esattamente 50 anni dal rilascio di Valle Giulia del cantautore Paolo Pietrangeli, titolo che riecheggia gli scontri tenutisi nell’omonima piazza romana da cui tutto ebbe inizio; una canzone diventata inno dell’intera generazione dei sessantottini italiani. Una generazione di giovani cresciuti tra le forze contrastanti del boom economico: da una parte gli ideali conservatori incarnati dalle vecchie generazioni, temprate dalle sofferenze di non una bensì due guerre mondiali e dall’etica del duro lavoro; dall’altra il vento contagioso della cultura progressista, che tramite la voce collettiva di questi ragazzi dal volto fresco ma dallo spirito oppresso dalla tradizione mise in discussione e riplasmò (o almeno ci provò) le basi della società italiana, a partire dalle tradizionali idee di famiglia, donna, matrimonio, fino a giungere al confronto – o meglio scontro - con le stesse istituzioni che tali convenzioni promuovevano. 50 anni ormai (ed in parte accade ancora oggi) da quando passeggiando per i centri universitari italiani si potevano ascoltare giovani, i loro padri avrebbero potuto obbiettare, dai capelli scandalosamente lunghi o ragazze in calze in nylon scandire slogan e motti marxisti, promuovendo la lotta contro la casta; da quando i primi collettivi studenteschi si riunirono in cortei battendosi per la maggior democratizzazione dell’istruzione e del sapere consapevoli di essere bersaglio delle istituzioni, che descrivevano spregiativamente i giovani e il movimento che incarnavano come di hippie scellerati, ma non per questo meno entusiasti dei loro ideali.
Ma dopo mezzo secolo cos’è che effettivamente il ’68 ha lasciato in eredità? In quanto movimento globale, sicuramente anche in Italia ha posto le basi per creare un’attitudine più liberale nei confronti di questioni importanti quali la donna, la famiglia o i diritti civili. Sarebbe però riduttivo – e forse banale – limitarsi alla sola descrizione di ciò che di buono il ’68 ha prodotto, poiché è altrettanto vero che abbia gettato delle ombre sinistre sull’Italia contemporanea; E’ vero che nella sua iconoclastia contro il “vecchio” uno dei risvolti più rischiosi del movimento è stato l’estremismo: non è un caso se al ’68 seguirono gli anni di piombo, durante i quali molti di quegli stessi giovani che si batterono in difesa della pace cantando Revolution dei Beatles approdarono poi al polo opposto diventando brigate rosse, responsabili di gravi attacchi terroristici tra i quali indelebile nella memoria italiana resterà l’assassinio di Aldo Moro, leader del partito Democrazia Cristiana. Così come è vero che pur nascendo come un movimento contro ogni forma di convenzionalismo e ipocrisia, nella sua retorica anti-borghese il Movimento finì jjbbjjbjjjjjjjjbjjjjjjjjj h
1968: COSA RESTA?
By: RITA GENTILE