LA CIVETTA December 2016 | Page 31

essere classificabili nel Guinness dei Primati come portici più lunghi al mondo, con i suoi 53 km (se si contano anche quelli fuori dalle antiche mura della città).

Non è un dettaglio da poco, non è soltanto una delle sue tante sfaccettature, né una banale curiosità facilmente rintracciabile tra i blog di Internet o nella prima guida turisti¬ca che capita tra le mani. Bologna e i suoi portici sono un tutt'uno indissolubile, gli uni identificano l'altra.

Risulta strano pensare quanto una persona possa affezionarsi alla struttura urbana di una città, eppu-re per me è stato così. E non mi riferisco solamente all'architettura storica, ai grandi monumenti o in genera¬le all'arte che il cuore di Bologna accoglie nelle sue più svariate forme. Qui intendo precisamente e nel senso più tecnico della parola la struttura urbana: la conformazione delle strade e delle piazze, dei vicoli e soprattutto dei portici, che si diramano per il centro storico, s'incurvano, cingono le piazze, inseg¬uono le tortuosità delle più strette viuzze e calpestano l'asfalto in una sorta di riven¬dicazione storica.

Passeggiare sotto i portici a passo lento e senza meta, senza pensare alla destinazione, senza ombrello persino durante le giornate più piovose, semplicemente posando uno sguardo d'ingenuità su ogni cosa, riscoprendo la città ogni giorno come se la si guardasse per la prima vol¬ta – è questa la magia dei portici di Bologna. Questo è stato ciò di cui mi sono innamorata a pri¬ma vista.

Il portico più noto è il Portico di San Luca, dove s'innalza il celebre Santuario della Madonna di San Luca, meta non solo di nume¬rosi pellegrini che lì si recano per venerare la Vergine, ma anche di appassionati sportivi che scor¬razzano in tenuta da jogging per le scoscese scalinate del portico.

Quello di San Luca è il portico più lungo al mondo: misura 3.796 metri e consta di 666 arcate (ed è per questo spesso oggetto di esoteriche leggende metropolitane). Ma la sua fama è dovuta in massima parte alla sua bellezza: al tramonto la vista del santuario, con le sue pietre rosse come il sole, rappresenta uno spetta¬colo d'immenso fascino.

Dal cortile si ammira un panorama naturale grandioso, così dolce e delicato durante i tardi pomeriggi d'autunno e tanto splendente e rigoglioso nelle afose giornate estive, da rendere irresistibile il desiderio di racchiuderlo in uno scatto fotografico.

Concludo questo articolo con quella che con ogni probabilità sarebbe dovuta essere una premessa anziché una conclusione.

La mia prospettiva, è giusto che io lo metta in evidenza, non è quella di un cittadino natio, ma di una “fuori-sede”, appellativo ormai ampiamente diffuso in tutta Italia per indicare colui o colei che, spinto/a da un'irriducibile brama di mettersi in gioco, decide di cambiare città, di lasciare il luogo d'infanzia e di proiettarsi verso un futuro ancora indefinito, ma carico d'eccitazione. In quanto fuori-sede, dunque, la mia opinione non è di parte, ma tremendamente onesta. Il mio amore verso questa dotta, grassa e rossa città è autentico. Ma come pubblicizzarlo? Come promuoverlo? Come metterlo per iscritto e tentare di farlo comprendere a voi lettori?

È un'ardua impresa e credo che la soluzione più efficace sia farne esperienza, vedere la città coi pro-pri occhi, spogliarla con lo sguardo e privarla dei suoi più oscuri segreti. Nel frattempo, spero che queste pagine vi ispirino una sana curiosità, alla scoperta di una delle città più belle al mondo, con il suo fascino e il suo sintomatico mistero.

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BY FEDERICA CRACCHIOLO