Per una volta i sondaggi ci hanno preso, ha vinto davvero il No. Che questo No sia stato per molti un No al governo Renzi piuttosto che alla proposta di riforma costituzionale è molto probabile. Lo stesso Renzi si è reso conto molto presto dell’enorme errore commesso nel personalizzarne il voto, ed ora ne paga le conseguenze: referendum fallito e dimissioni rassegnate.
L’Italia deve cambiare, su questo nessuno ha dubbi. Gran parte del paese è pronta a questo cambiamento ma ha deciso di non volerlo alle condizioni proposte da Renzi e Boschi. Cambiare una cosa tanto per cambiarla, dopotutto, non vuol dire necessariamente cambiarla per il meglio. Credo sia stato questo il sentimento condiviso dalla maggior parte dei sostenitori del No, me compresa, che li ha portati a respingere le modifiche alla costituzione presentate dal governo.
Renzi, promesso all’Italia come il “rottamatore”, colui che avrebbe dato una scossa ad un paese vecchio e intorpidito da anni di malgoverno, non è stato all’altezza del suo compito. Che possa vantare di aver attuato tante delle riforme proposte dal suo governo è vero, ma quante sono state buone?
La sensazione data dalle azioni di Renzi è quella di un qualcosa che viene fatto tanto per poter dire di averlo fatto, con poca considerazione degli effettivi risultati. Sfortunatamente per lui, non tutti si accontentano del “meglio di niente”.
Durante una campagna referendaria in cui son riusciti a riportare a galla antichi miti come il ponte sullo stretto, la vittoria del No veniva preannunciata come un’incombente apocalisse. Alla fine è stato Renzi stesso a far sì che le conseguenze della vittoria del No andassero oltre la questione sul cambiare o meno (e come), la nostra costituzione: adesso abbiamo un nuovo, provvisorio e discutibile, primo ministro e avremo, legge elettorale permettendo, presto delle nuove elezioni.
Una situazione delicata e determinante per il futuro del nostro paese che potrebbe portare a quei cambiamenti di cui l’Italia ha tanto bisogno.
Diana Tardito
no, thanks!