associazione
contraffazione
L’Italia è la più esposta
alla contraffazione
Le imprese italiane sono le più esposte in Ue alla contraffazione nel
settore dell’abbigliamento e calzature e accessori, con minori vendite per
9 miliardi di euro.
di Stefano Frigo
analisi dei dati recentemente pubblicati dall’UAMI – Agenzia dell’Unione europea responsabile della gestione di due importanti
mezzi di tutela della creatività e dell’innovazione, il
marchio comunitario e il disegno e modello comunitario registrato – evidenzia che l’Italia è il Paese Ue
maggiormente esposto alla contraffazione nei settori
dell’abbigliamento, calzature e accessori con effetti
diretti e indiretti sulle vendite pari a 8.968 milioni
di euro all’anno: le imprese regolari a causa della
presenza d’indumenti, calzature e accessori contraffatti perdono l’8,5% delle vendite del settore. Pesanti
gli effetti sull’occupazione su tutta la filiera – che comprende produzione e commercio – con 80.951 posti
di lavoro persi. Il fenomeno aggrava le condizioni
della parte manifatturiera della filiera (divisioni Ate-
L’
co 2007 14-Confezione di articoli di abbigliamento e
di articoli in pelle e pelliccia e 15-Fabbricazione di articoli in pelle) che nell’arco di due cicli recessivi ha
perso 105.800 occupati, con un calo cumulato del
26,0%.
Pesanti i danni anche per il made in Italy: nei settori interessati nell’ultimo anno l’export ammonta a
23.616 milioni di euro e l’Italia è il primo esportatore europeo.
L’artigianato e le piccole imprese sono fortemente
esposti alla concorrenza sleale che deriva dal fenomeno della contraffazione: sono 126.931 gli addetti
che lavorano in imprese artigiane, pari al 37,2%
del totale, a cui si somma un 32,6% occupato in altre
piccole imprese; complessivamente oltre i due terzi
(69,7%) degli addetti lavora in piccole imprese.
Riprendono quota
le nuove abitazioni
acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per
investimento, è diminuito dello 0,5% rispetto al trimestre
precedente e del 3,9% su anno. Il calo congiunturale
dipende esclusivamente dalla diminuzione dei prezzi delle
abitazioni esistenti (-0,7%); l’aspetto positivo è che per le
abitazioni nuove si registra un aumento dei prezzi rispetto
al trimestre precedente (+0,7%), il primo dopo due anni.
La flessione tendenziale dell’indice generale (la cui
ampiezza si riduce da -4,9% del secondo trimestre a
-3,9% del terzo) dipende dalle diminuzioni dei prezzi delle
abitazioni esistenti (-4,8%) e delle nuove (-1,3%).
La riduzione dell’ampiezza delle flessioni annue
dell’indice relativo ai prezzi delle abitazioni, spiega l’Istat,
si verifica in presenza di segnali di ripresa dei volumi
compravenduti (+4,1% è l’incremento registrato, su base
annua, nel terzo trimestre del 2014 dall’osservatorio
del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per
il settore residenziale).
In media, nei primi tre trimestri del 2014, i prezzi delle
abitazioni diminuiscono del 4,6% rispetto allo stesso
periodo dell’anno precedente, sintesi di un calo del 2,4%
dei prezzi delle abitazioni nuove e del 5,5% dei prezzi
di quelle esistenti, conclude l’Istituto di statistica.
Nel terzo trimestre 2014 il valore delle nuove
costruzioni è salito dello 0,7% sul periodo precedente,
primo segno positivo dopo due anni. Nel complesso
l’indice è però diminuito dello 0,5% trimestrale e del
3,9% sul 2013, a causa delle case esistenti.
Timidi segnali di miglioramento per il mercato del
mattone, centrale nel portafoglio degli italiani: nel terzo
trimestre 2014, l’indice dei prezzi delle abitazioni
18 l’Artigianato
Anno LXVI N. 10 Ottobre 2015