L' Artigianato Marzo 2016 | Page 19

dall’associazione Cgia: Il malfunzionamento della Pubblica amministrazione L’associazione di Mestre fa i conti: l’inefficienza del settore pubblico ci costa circa 200 miliardi all’anno, i furbetti del Fisco tra 90 e 120 miliardi. «L’ inefficienza della Pubblica amministrazione danneggia l’economia italiana più dell’evasione fiscale». Lo rileva la Cgia di Mestre. Calcolatrice alla mano, l’impatto economico del malfunzionamento della P.A. si attesta intorno ai 200 miliardi di euro. Mentre il mancato gettito riconducibile all’evasione sottrae alle casse dello Stato tra i 90 e i 120 miliardi di euro. Entrando nel dettaglio, l’associazione veneta suddivide in sei aree l’impatto economico dell’inefficienza del settore pubblico: i debiti della P.A. nei confronti dei fornitori ammontano a 70 miliardi di euro; il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 42 miliardi di euro l’anno; il peso della burocrazia grava sulle piccole e medie imprese per un importo di 31 miliardi di euro l’anno; sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di ridurre la nostra pressione fiscale in media Ue; gli sprechi e la corruzione presenti nella Sanità ci costano 23,6 miliardi di euro l’anno; la lentezza della nostra giustizia civile costa al sistema Paese 16 miliardi di euro l’anno. «È verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi al Fisco la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno – afferma il coordinatore della Cgia, Paolo Zabeo –. Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a cui sono sottoposti i propri contribuenti». «Secondo una recentissima analisi elaborata da due economisti italiani occupati presso la Direzione Generale Affari Economici e Finanziari dell’Ue, per diminuire in misura strutturale il carico fiscale italiano e allinearlo alla media dei Paesi dell’area dell’euro sarebbe necessario ridurre la spesa pubblica di almeno 24 miliardi di euro. Un obiettivo che, alla luce dei tagli di spesa previsti dalle ultime leggi di Stabilità, non ci sembra raggiungibile in tempi ragionevolmente brevi», conclude Zabeo. [S.F.] Meno immigrati nel nostro Paese In cinque anni raddoppiano gli italiani emigrati L’Italia ha perso attrattività per gli immigrati e infatti gli arrivi dei migranti negli ultimi cinque anni nel nostro Paese si sono ridotti del 38%, passando dai 448mila del 2010 ai 278mila del 2014. In calo anche gli ingressi, 30mila in meno rispetto al 2013 (-9,7%) e ben 249mila in meno rispetto al 2007 (-47,3%), l’anno che precede l’inizio della lunga fase di recessione. Tra i flussi in entrata nel 2014 i più numerosi sono i romeni (51mila ingressi), seguiti dai marocchini (18mila), cinesi (16mila) e bengalesi (13mila). I nostri connazionali che hanno deciso di trasferirsi in un Paese estero sono aumentati dell’8,2% nel 2014 rispetto al 2013 e più che raddoppiati rispetto a cinque anni prima. Le principali mete di destinazione per gli italiani che hanno lasciato il Paese nel 2014 sono la Germania, il Regno Unito, la Svizzera e la Francia. Sono stati 45mila i giovani con almeno 25 anni che hanno deciso di emigrare, ben 12mila in possesso di laurea. Il Regno Unito è la meta preferita per i laureati (oltre 3mila), subito dopo viene la Germania, meta di 2.400 laureati. ANNO LXVII / n. 3 / marzo 2016 / L’ARTIGIANATO 17