dall’associazione
Cgia: Il malfunzionamento
della Pubblica amministrazione
L’associazione
di Mestre
fa i conti:
l’inefficienza
del settore
pubblico
ci costa circa
200 miliardi
all’anno,
i furbetti
del Fisco tra 90
e 120 miliardi.
«L’
inefficienza della Pubblica amministrazione danneggia l’economia italiana più dell’evasione fiscale». Lo rileva la Cgia di
Mestre. Calcolatrice alla mano, l’impatto
economico del malfunzionamento della
P.A. si attesta intorno ai 200 miliardi di
euro. Mentre il mancato gettito riconducibile all’evasione sottrae alle casse dello
Stato tra i 90 e i 120 miliardi di euro.
Entrando nel dettaglio, l’associazione
veneta suddivide in sei aree l’impatto
economico dell’inefficienza del settore
pubblico: i debiti della P.A. nei confronti
dei fornitori ammontano a 70 miliardi di
euro; il deficit logistico-infrastrutturale
penalizza il nostro sistema economico
per un importo di 42 miliardi di euro
l’anno; il peso della burocrazia grava sulle piccole e medie imprese per un importo di 31 miliardi di euro l’anno; sono
24 i miliardi di euro di spesa pubblica in
eccesso che non ci consentono di ridurre
la nostra pressione fiscale in media Ue;
gli sprechi e la corruzione presenti nella Sanità ci costano 23,6 miliardi di euro
l’anno; la lentezza della nostra giustizia
civile costa al sistema Paese 16 miliardi
di euro l’anno.
«È verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi
al Fisco la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno
– afferma il coordinatore della Cgia, Paolo Zabeo –. Analogamente, è altrettanto
plausibile ipotizzare che se si riuscisse a
tagliare sensibilmente la spesa pubblica,
permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono
che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a cui sono sottoposti i propri
contribuenti».
«Secondo una recentissima analisi
elaborata da due economisti italiani occupati presso la Direzione Generale Affari
Economici e Finanziari dell’Ue, per diminuire in misura strutturale il carico fiscale
italiano e allinearlo alla media dei Paesi
dell’area dell’euro sarebbe necessario ridurre la spesa pubblica di almeno 24 miliardi di euro. Un obiettivo che, alla luce
dei tagli di spesa previsti dalle ultime leggi
di Stabilità, non ci sembra raggiungibile
in tempi ragionevolmente brevi», conclude Zabeo. [S.F.]
Meno immigrati nel nostro Paese
In cinque anni raddoppiano gli italiani emigrati
L’Italia ha perso attrattività per gli immigrati e infatti
gli arrivi dei migranti negli ultimi cinque anni nel nostro
Paese si sono ridotti del 38%, passando dai 448mila
del 2010 ai 278mila del 2014.
In calo anche gli ingressi, 30mila in meno rispetto al 2013
(-9,7%) e ben 249mila in meno rispetto al 2007 (-47,3%),
l’anno che precede l’inizio della lunga fase di recessione.
Tra i flussi in entrata nel 2014 i più numerosi sono i romeni
(51mila ingressi), seguiti dai marocchini (18mila), cinesi
(16mila) e bengalesi (13mila).
I nostri connazionali che hanno deciso di trasferirsi
in un Paese estero sono aumentati dell’8,2% nel 2014
rispetto al 2013 e più che raddoppiati rispetto a cinque
anni prima. Le principali mete di destinazione per gli italiani
che hanno lasciato il Paese nel 2014 sono la Germania,
il Regno Unito, la Svizzera e la Francia. Sono stati 45mila
i giovani con almeno 25 anni che hanno deciso di emigrare,
ben 12mila in possesso di laurea. Il Regno Unito è la meta
preferita per i laureati (oltre 3mila), subito dopo viene
la Germania, meta di 2.400 laureati.
ANNO LXVII / n. 3 / marzo 2016 / L’ARTIGIANATO
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