editoriale
Il diavolo, le pentole,
i coperchi.
di Roberto De Laurentis
D
a ragazzo quando combinavo qualche sciocchezza – venendo poi puntualmente
smascherato, malgrado fossi abbastanza bravo a trovare sempre una giustificazione – mia nonna Laura era solita accompagnare le sue sberle educatrici con le parole
“il diavolo insegna a fare le pentole ma non i coperchi”. E mai, come in queste settimane, il proverbio sembra adattarsi perfettamente ai nostri consiglieri provinciali
e regionali. Tanto di ieri quanto di oggi. Senza distinzioni tra posizioni di destra, di
centro, di sinistra. Senza distinzioni tra la parlata italiana, tedesca, ladina. Senza distinzioni tra appartenenza a partiti personali, territoriali, nazionali. Insomma, consiglieri provinciali e regionali tutti indistintamente pronti, nell’andare degli anni,
ad utilizzare il diavolo rappresentato dalla loro posizione di potere – e dal potere di
disporre delle risorse pubbliche – per riempire la propria pentola di domani con privilegi, vitalizi, rendite di posizione. Senza nemmeno dimenticare – per l’eventuale,
sventurato compagno di vita dell’ex politico – l’opzione della reversibilità. Tutti riconoscimenti necessari e voluti – conclusosi il forte impegno pubblico, esauritasi la
robusta passione politica, spentosi il grande spirito di servizio alla comunità – da
chi, in 5 anni di legislatura, porta a casa quasi tanto quanto un lavoratore lungo
una vita. Tutti riconoscimenti sostanziosi e costosi – costituiti solo in minima parte
da denaro personale e, fino alla quota massima, integrati da denaro pubblico – che
sarebbero scivolati silenziosamente nelle tasche dei nostri “servitori del popolo” se,
dalla pentola, non fosse saltato via casualmente, improvvisamente, rumorosamente, il coperchio. Mi fermo