la cosa più importante, Edoardo il nostro dodicenne biondo, con il
sorriso e la statura da quarta elementare, davanti agli occhi sgranati dei supertecnici francesi ha tenuto su, altissime, a vagare infinitamente “Le sept”; PERCHÉ nonostante i nostri palati educati ad una
tra le migliori cucine del mondo, nessuno fa lo schizzinoso e ci
sbaffiamo porzioni di cervo con marmellata di mirtillo e cucchiaiate di pudding…PERCHÉ siamo disponibili e tutto va sempre bene.
Anche il palo cinese non montato o la palestra che doveva essere
aperta e non lo è, il materasso che non l’hanno ancora portato,
anche se era stato inserito tra le esigenze tecniche nel modulo-precisissimo-stile-nordico da compilare un mese prima. E va bene lo
stesso. PERCHÉ siamo belli o perlomeno simpatici, altrimenti non
si spiegherebbe com’è che tra ragazzi e ragazze ne abbiamo fidanzati almeno una decina con il resto d’Europa. E non c’è niente di
meglio che baci e abbracci per fare “Inclusion linguistico-culturale”
tra adolescenti. PERCHÉ siamo un po‘ pazzi e come, più o meno,
diceva l’immenso drammaturgo Vittoriano “C’è della follia in Danimarca” e così, con loro, è stato immediatamente gemellaggio. PERCHÉ a far casino non ci batte nessuno (senza gli spagnoli poi, vincevamo a mani basse) e ne abbiamo fatto tanto ad applaudire ed
incitare tutti gli altri gruppi. Soprattutto i Tedeschi, imprecisi come
pochi ma simpatici da matti. Alla faccia degli stereotipi. PERCHÉ
sappiamo piangere e lo abbiamo fatto di fronte al meraviglioso
spettacolo dei palestinesi, che hanno saputo trasformare una pallina nel pegno di un amore impossibile da corrispondere in una
terra violentata da troppo odio. E con loro sono stati abbracci intensi e lacrime. PERCHÉ quando il nostro pullman, con tutti noi a
bordo, si preparava ad altre 22 ore di viaggio, più di cento mani
sono venute a strisciare il loro saluto sui grandi vetri e mentre i polpastrelli così vicini non potevano toccarsi, gli sguardi elaboravano
promesse di viaggi e nuovi incontri in qualche altro angolo di
mondo. Dove poter far girare ogni sorta d’oggetto e volteggiare
ancora insieme, ma soprattutto dove poter far girare ancora una
volta le idee, anche se diverse, e viverle come un dono reciproco.
Per essere, un giorno, cittadini del mondo, di un mondo migliore.
j u g g l i n g m a g a z i n e n u m e r o 6 4 s e t t e m b r e 2014
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