Jug n 66:JUG new 23/03/15 10:44 Pagina 11
te di osare. I quasi vent’anni di creazioni mi hanno dato l’opportunità di (re)inventare mondi nuovi. Realizzare immagini che sembrava impossibile immaginare. Creare arazzi piú grandi della vita
stessa che assomigliano a sogni - vividi, crudi e sensuali. Quando
inizio a creare uno spettacolo la mia testa è piena di immagini, come uno slideshow con la musica. Il modo in cui una performance
prende forma assomiglia più al montaggio di un film. Immagine
dopo immagine. È come se gli spettatori guardassero un film dal vivo. Anche le parole sono immagini. Mi infiammano. Sono come un
cuscino su cui dormire e fantasticare. È un po’ come vendere sogni:
nella vita, la maggior parte delle cose sono casuali proprio come la
sequenza di immagini in un sogno. Ma soprattutto amo questi animali che si chiamano esseri umani. Buffi, rochi, seducenti: adulti
birichini ed eroi infanti. C’è tutto un vocabolario di seduzione e sovversione nel mio linguaggio performativo. È la prima cosa che i performer imparano a fare. Dipingo grandi quadri, non con tempere e
pennelli ma con persone. E me ne innamoro.
Ecco, Bianco, cosi come tutte le altre creazioni non è diverso da tutto ció che ho raccontato fin qui. Non ci sono piume, nasi di plastica
o calzamaglie verdi: Bianco usa corpo e voce e frammenti di memoria e desiderio come mezzi che i performer hanno per raccontare e raccontarsi, per accompagnare il pubblico in un viaggio di conoscenza mettendo lo spettatore al centro della scena. Here be
dragons (qui ci sono i draghi) è il sottotitolo dell’ultima edizione di
Bianco. L’espressione veniva usata per riferirsi a territori pericolosi
e inesplorati che venivano marcati sulle mappe gallesi antiche con
l’immagine di un drago. Mi piace l’idea che gli spettatori entrino in
un territorio selvaggio e sconosciuto nel quale tutto puó accadere.
Come in molte regioni del Galles, entrarvi è un’incognita. Non è
possibile leggere lo spettacolo da sinistra a destra come in un teatro di proscenio. Non è possibile stare al sicuro in un’area accuratamente demarcata dove mi siedo al buio su poltroncine rosse. Anche qui, nello spettacolo, come in un territorio selvaggio e sconosciuto ci sono molte aree scure dove le regole del teatro si arrestano per creare uno spazio senza mappatura da scoprire ed esplorare, come un’avventura straordinaria. All’interno di questa visione
c’è posto per tutto ció che è autentico. Il performer, depositario e
artefice della memoria, entra in questo spazio in maniera profonda. Anima e corpo. Per vivere e far vivere. Per non morire.
j u g g l i n g m a g a z i n e n u m e r o 6 6 m a r z o 2015
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