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CORPI E VISIONI
Cirque Aital
Dinamico festival (Reggio Emilia)
foto di Tiziano Ghidorsi
www.corpievisioni.it
intervista di AR a Gigi Cristoforetti
direttore artistico di Corpi e Visioni
Corpi e Visioni è solo la più recente delle tue creazioni. In termini
di sviluppo del pubblico e promozione del circo contemporaneo
come tracceresti una linea che partendo dal Festival di Brescia
arriva fino a Corpi e Visioni? E cosa ritieni sia cambiato nel panorama italiano dagli anni del Festival di Brescia ad oggi?
Con il nuovo progetto Corpi e Visioni mi pongo obiettivi completamente diversi da quelli di quindici anni fa, quando creammo a Brescia la Festa internazionale del Circo contemporaneo. In quel caso si
trattava di affermare lo status artistico di un genere considerato assai
poco, perlomeno sul piano della creatività e della qualità. Quel festival presentava unicamente spettacoli circensi contemporanei, e lo
faceva solo negli chapiteau. Anche quando si trattava di creazioni
frontali, da palcoscenico, noi le adattavamo per chapiteau. Il gioco
era chiaro: affermare una nuova visione del circo, delle sue potenzialità e della sua capacità di investire gli spazi pubblici. Chiamando a
raccolta spettatori, operatori e giornalisti che non lo avevano mai conosciuto come luogo di creazione, invenzione e addirittura di riflessione politico-sociale. Oggi siamo un poco più avanti, e l’obiettivo
che ci poniamo è quello di integrare il circo contemporaneo nel sistema dello spettacolo dal vivo. Cosa che non è ancora successa, in
Italia. Oggi promuovere una nuova immagine del circo passa dalla
sua presenza nei cartelloni dei teatri di tradizione, dei teatri comunali
e degli ex stabili. Probabilmente il pubblico è più veloce dei programmatori nel cogliere novità ed interesse di questa idea. E proprio
per questo, consiglierei di valutare il panorama italiano non per quel
che è, ma per quel che potrebbe diventare. Siamo pronti, e nel giro di
un paio di stagioni il circo contemporaneo potrebbe affermarsi e diffondersi capillarmente, se in gioco non ci fossero - come sempre in
Italia - abitudini cristallizzate e poco coraggio culturale.
Per compre