In nome del rock italiano by Parisi & Romero | Page 12
«Quindi ti piacerebbe un nome d’arte… d’arte…
arte. Ci sono: ti chiamerò Artemisio!»
«Artemisio? Va bene. Vada per Artemisio»
commentò rassegnato John.
«Be’, è un nome con l’arte incorporata. No?»
«Come no. Hai voglia!» disse John ridendo.
“Ma sì. Che se ne frega” pensò tra se, “quando
si ha bisogno di lavorare non è che si possa stare
tanto a fare i difficili. E poi Artemisio non è male:
forse un pelo fuori moda” aveva concluso all’epoca.
Ora, invece, la cosa urgente da fare, era quella di
cercare un posto per far scendere il suo capo che, di lì
a poco, si sarebbe imbarcato e diretto proprio verso
la sua terra natia. L’America. L’America dei Navajos
di Tex Willer. Che poi lui, lì nello Stato di New York
dove era nato, non aveva mai sentito parlare di ‘sto
Tex. Né si parlava tanto nemmeno dei Navajos.
Infatti, quando nei suoi primi giorni italiani imparò la
passione degli italiani per le storie di Aquila della
Notte e del suo pard Kit Carson, aveva concluso
quanto, per tutti e da lontano, le cose sembrino
diverse. Artemisio, mentre parcheggiava si trovò a
combattere con umori diversi. Come se fosse sotto la
doccia in inverno e arrivassero alternati, getti
vaporosi e piacevoli a getti gelati. A proposito
dell’ultimo tema, l’effetto dei getti gelati li aveva
esperiti un’ora prima.
Infatti, appena fuori Modena, si era fatto tentare
dal telefono, senza auricolare. Brutta mossa. Al primo
incrocio aveva sbagliato strada. Aveva quindi
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