L’economia del Mezzogiorno dal dopoguerra al 1992: il volume SVIMEZ – Il volume “La dinamica economica del Mezzogiorno. Dal secondo dopoguerra alla conclusione dell’intervento straordinario” a cura della SVIMEZ pubblicato da “Il Mulino” e presentato a Roma, ricostruisce e analizza gli andamenti economici meridionali dal 1951, anno di fondazione della Cassa per il Mezzogiorno, al 1992, anno in cui con la chiusura dell’AgenSud si sancì la fine dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno.
I cambiamenti di politiche per il Sud nei vari decenni, gli interventi infrastrutturali, le politiche di incentivazione industriale, gli interventi in campo agricolo ed energetico, i problemi del sistema finanziario, il peso dell’economia illegale, il ruolo della formazione nello sviluppo meridionale: sono tanti gli aspetti messi in luce dal volume, sia in una prospettiva storica, che in rapporto al contesto economico italiano, internazionale, e all’impatto delle politiche territoriali adottate.
La SVIMEZ e il progetto Aset (Archivi dello sviluppo economico territoriale) – Cassa per il Mezzogiorno – “La SVIMEZ ha molto investito nel progetto di recupero e valorizzazione dell’Archivio della Cassa per il Mezzogiorno”, ha dichiarato nel suo intervento il Direttore della SVIMEZ Riccardo Padovani. Una mole immensa di documenti inediti pari a circa 20 km di lunghezza lineare, che rischiava seriamente di disperdersi. Secondo Padovani questo progetto è l’occasione “per il rilancio di una riflessione pubblica informata e consapevole sul Mezzogiorno, propedeutica alla definizione di un disegno strategico di sviluppo per l’economia dell’area”. Una riflessione che parta dal superamento del pensiero dominante secondo cui “nella teoria e nella politica economica quella stagione di intervento pubblico si sarebbe voluta ridurre a una storia di errori da non ripetere”. Si è trattato invece, continua Padovani, di “una tradizione di pensiero e di politica economica che deliberatamente puntava a modificare la struttura produttiva e sociale del Paese, puntando proprio sull’intervento nel Mezzogiorno, visto come area a maggiore potenziale di sviluppo”. Per cui, conclude Padovani, “è una vicenda che ci dimostra come il “ritardo” del Mezzogiorno non sia un destino segnato dalla storia, non sia immutabile, non sia irreversibile, ma dipenda dalle stagioni dello sviluppo e da precise scelte politiche compiute o mancate, che hanno adeguatamente o meno risposto alle sfide del proprio tempo”.
Il dibattito – “Il ragionamento meridionalistico non deve essere sul Mezzogiorno, ma sull’Italia, in un’Unione europea e un mondo globalizzato in cui non siamo competitivi come sistema Paese”, ha dichiarato il Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola nel corso del dibattito. “Difficile cambiare verso soltanto con le pur importanti riforme istituzionali; serve un progetto italiano in cui il Sud sia riconosciuto come ingrediente fondamentale. È necessario e opportuno infatti un ripensamento del ruolo complessivo Nord-Sud per uscire dalla crisi e dal declino italiano”. “L’unificazione economica dell’Italia è stata per anni il cruccio del fondatore della SVIMEZ Pasquale Saraceno, ha sostenuto il Consigliere SVIMEZ Amedeo Lepore, e quest’obiettivo alla SVIMEZ è stato portato avanti da uomini di estrazioni culturali diverse, animati tutti dallo stesso intento riformista. Oggi non serve parlare soltanto di iniziative dall’alto o dal basso, di questione meridionale e settentrionale. L’esperienza della Cassa insegna la possibile reciprocità di interessi tra Nord e Sud”. Si sofferma invece sui diversi indirizzi di policy per il Mezzogiorno il Consigliere SVIMEZ Paolo Baratta: “Al filone rivendicazionista di alcune tendenze separatiste si sono presto affiancati il filone perequativo, basato sulla necessità della distribuzione del reddito verso le regioni più povere, e quello selettivo, nelle sue due anime: una più favorevole al sostegno degli investimenti per aumentare la capacità di reddito, l’altra maggiormente incline alla necessità di un coinvolgimento più forte dell’industria nel processo di sviluppo. Nella dinamica tra interventi perequativi e selettivi è prevalsa la prima istanza, conclude Baratta, ma a oggi non si è dimostrata sufficiente”. Ha invece posto delle domande più che fornire delle risposte il Consigliere Piero Barucci. Nel ripercorrere il dibattito politico degli anni ’50 e ’60 della Cassa, nella golden age, la profonda riflessione dei diversi partiti e delle istituzioni del tempo sulla questione meridionale, si chiede Barucci, “alla fine ci dobbiamo abbandonare a un doloroso ricordo di quello che è stato oppure con un colpo d’ala possiamo pensare a un altro scenario?
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pillole di sud
La storia del Mezzogiorno, una questione ancora aperta