un dossier che “è in mano alle Regioni” e alle città metropolitane. Anzi, continuando a leggere si scopre che i mal di pancia hanno due incubatori principali, con nomi e cognomi.
Trattasi di Michele Emiliano e Luigi de Magistris. I quali volgiono legittimamente vendere cara la pelle in una contesa con Renzi che ormai data da mesi. E cercano di trascinarsi dietro altre istituzioni del territorio meridionale. Infatti, la Stampa scrive che “non sono gli unici a mal sopportare, per esempio, che i soldi per il sud siano gestiti a Roma…”.
Ora sarebbe ben facile ricordare che l’uno e l’altro sono parte in causa, con tanto di dente avvelenato. Il sindaco uscente di Napoli lo ha manifestato in maniera piuttosto plateale, a dire il vero. Così avvelenato da far decadere al grado zero le osservazioni che la Stampa riprende, perché sembra evidente che queste non spiccano per terzietà. Hanno infatti molto più il valore di alimentare una sorda (?) polemica che non andare a supporto di una critica obiettiva e spassionata, quale quella che alcuni economisti e osservatori meridionali – Viesti, La Malfa, Giannola, Lo Cicero – vanno ripetendo, con sfumature diverse: al Masterplan manca un’anima, una visione, una logica d’insieme che indichi la strada al Mezzogiorno prossimo venturo.
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Sicché le considerazioni passano a tre. L’ultima riguarda le Regioni in quanto tali. Giorgio La Malfa sul Mattino del 9 maggio, ma in buona compagnia (Massimo Lo Cicero per esempio è sulla stessa linea da tempo), sostiene la tesi secondo cui la progressione dello sviluppo del Mezzogiorno si deve all’azione della Cassa del Mezzogiorno, a partire dal 1952. E si interrompe nel 1973. Guarda caso: l’eutanasia della Casmez (intanto divenuta Agensud) trova proprio nelle Regioni, sorte tre anni prima, il principale indiziato.
Fuor di metafora, la Malfa lo spiega così:
“La crisi dell’intervento straordinario e la crescita di peso delle Regioni, generalmente guidate da classi dirigenti improvvisate, ha portato a una progressiva riduzione degli investimenti ed a una crescita delle spese correnti…”.
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A mo’ di conclusione, che possiamo aggiungere? L’Italia è il Paese in cui di tanto in tanto si pensa d’aver trovato il bandolo della matassa. E invece la soluzione finisce per avvolgerci nelle spire più e peggio di prima. Le Regioni dovevano raccogliere il testimone dell’intervento straordinario trapiantandolo nei territori, con un’azione più diretta. Dovevano portare lo Stato centrale, di origine sabauda, più vicino ai cittadini.
Questo indirizzo è stato rilanciato più di recente dal federalismo. Una cura peggiore della malattia. Se adesso si prova a mettere un po’ di ordine, dall’alto, in questa babele, non possiamo pretendere il posto in prima fila. Perché l’abbonamento, ahinoi, è scaduto.