Al Sud la caduta degli investimenti fissi lordi è stato più forte che nel Nord, -38% rispetto a -27%; un ulteriore elemento, questo, che comprime la crescita, e al quale ha contribuito non poco il fatto che la spesa in conto capitale della PA dal 2001 al 2013 è crollata del 39% al Sud rispetto al -19% del Nord”.
il caso
il rosso e il nero del masterplan per il Sud
Di Claudio D'Aquino
Retroscena sul Masterplan per il Sud. Lo propone Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa del 7 maggio scorso. Con il titolo “I dossier che smontano i patti del Sud: per il 70 per cento soldi stanziati da anni”…
La tesi, alle strette, è la seguente. Renzi illusionista e prestigiatore, coi fondi per il Sud ci fa il gioco delle tre carte: “Emerge – scrive il retroscenista - che per una quota prevalente (tra il 71% e il 75%) si tratta di soldi già stanziati dai governi precedenti, non nuovi”. E a seguire chiosa l’economista Gianfranco Viesti, che a sua volta sostiene che Renzi “ha raccolto quel che già c’è, sia in termini finanziari che di progetti”. E incalza, sostenendo che c’è anche il dubbio che in realtà Renzi mette sul piatto (à il caso del patto per la Campania) fondi ordinari, gli stessi “della Lombardia a cui arrivano senza bisogno di firmare un patto con Maroni”…
Francamente la tesi non convince. Per due motivi fondamentali.
Primo. E’ peregrina perché dopo venti anni di silenzio sul Mezzogiorno e la caduta verticale di pil e occupazione degli ultimi sette, stare lì a dividere il grano dal loglio, i finanziamenti ordinari da quelli europei o straordinari o aggiuntivi, appare una questione di lana caprina. Il Sud è così da tanto abbandonato a una specie di consapevole deriva (Svimez ha parlato di crescita inferiore a quella della Grecia, di allarme povertà, di “sottosviluppo permanente”), che oggi servono soldi, maledetti e subito, per agganciare in fretta il treno dello sviluppo. Il problema del Sud al momento è spendere quel che si può, visto che in svariati anni non abbiamo fatto che stigmatizzare le risorse non impiegate, non investite e rendicontate, che rischiavano di tornare a Bruxelles o di essere dirottate altrove. Sia come sia, oggi si sblocca una decina di miliardi per la Campania. E questo fa una certa differenza con il passato recente.
Ma c’è un’altra osservazione da evidenziare. E cioè che l’articolo della Stampa è il frutto di una ricostruzione che poggia su un dossier che “è in mano alle Regioni” e alle città metropolitane… Ma poi si scopre – verso la fine del pezzo - che i mal di pancia hanno due incubatori, con nomi e cognomi: Emiliano e de Magistris, i quali dei Patti che sono chiamati a firmare “vogliono discutere i contenuti e sollevano obiezioni”. I quali “non sono gli unici a mal sopportare, per esempio, che i soldi per il sud siano gestiti a Roma…”.
Ora sarebbe ben facile ricordare che l’uno e l’altro sono parte in causa ed hanno più di un dente avvelenato (il sindaco di Napoli in maniera piuttosto plateale, a dire il vero) e che tale circostanza fa decadere al grado zero la terzietà delle osservazioni che la Stampa riprende. Hanno più il valore di una sorda polemica che di una critica obiettiva.
Ma c’è poi un’altra considerazione da fare e riguarda le Regioni in generale. La avanzava Giorgio La Malfa sul Mattino del 9 maggio, ma in buona compagnia (Massimo Lo Cicero per esempio è sulla stessa linea da tempo). La tesi secondo cui la progressione dello sviluppo del Mezzogiorno, che si deve all’azione della Cassa del Mezzogiorno a partire dal 1952, si interrompe nel 1973, proprio ad opera delle Regioni sorte tre anni prima. Lasciamo parlare la Malfa, il quale ci rammenta che:
“La crisi dell’intervento straordinario e la crescita di peso delle Regioni, generalmente guidate da classi dirigenti improvvisate, ha portato auna progressiva riduzione degli investimenti ed a una crescita delle spese correnti…”
Più chiaro di così…
PS. Un altro articolo conviene riprendere, in conclusione, su questo tema ed è di Huffington Post. Anche questo è poco tenero nei giudizi su Matteo Renzi e il Sud, dove vede molta buona volontà, condita da “un filo di propaganda”. Eppure in un passaggio gli estensori della nota sono costretti ad ammetter.
“Bisogna dare atto al governo di aver giocato un’importante battaglia cercando di smaltire per intero quei fondi europei che troppo spesso abbiamo dovuto restituire al mittente”…
E’ un tasto sul quale Renzi non può che battere, perché per troppi anni i giornali – del Sud, del Nord e stranieri – non hanno fatto altro che ripeterlo: le Regioni meridionali buttano via i fondi europei...”. E chi è causa del suo male, non può che piangere se stesso.
“Secondo stime realizzate con il modello econometrico SVIMEZ, se nel 2016 si spendessero per intero per il Sud le risorse liberate dalla clausola per gli investimenti dello 0,3% del Pil, pari, con i cofinanziamenti, a 7 miliardi di euro, l’impatto sul Pil del Mezzogiorno sarebbe del +0,8%, cosa che porterebbe a un raddoppio del Pil del Mezzogiorno, da un dato tendenzialmente stimato dalla SVIMEZ del +0,7% al +1,5%, molto vicino al +1,6% previsto per il Centro-Nord. Questo per ribadire, come sostiene da anni la SVIMEZ, la necessità di investimenti pubblici soprattutto al Sud per il rilancio della crescita, rispetto alle politiche di austerità”.