IL SUD ON LINE MAGAZINE 18 - Il Sud On Line - 7 maggio 2016 | Page 2

Antonio Troise

Il mercato non fa sconti. A nessuno. E la quotazione in Borsa della Popolare di Vicenza, prima ancora delle regole della Consob, è stata bocciata proprio da chi avrebbe dovuto sottoscrivere un aumento di capitale di oltre 1,7 miliardi. Esito scontato, forse, per un istituto che da poco si è lasciato alle spalle gli esiti di una crisi senza precedenti. Ma è una situazione che dà esattamente il senso di quello che sta avvenendo sui mercati, dove rischia di mancare il capitale principale delle banche: la fiducia. Per questo lo stop alla Popolare di Vicenza ieri ha trascinato al ribasso alcuni dei principali istituti, dal Montepaschi all'Ubi, da Unicredit e Bpm. Mettendo sotto pressione l'intero sistema.

Dietro la decisione della Consob, come noto, la mancanza della soglia minima di flottante per garantire il funzionamento della quotazione. Ma il flop della quotazione della Popolare di Vicenza mostra ancora una volta che solo un intervento sistemico può effettivamente mettere in sicurezza i nostri istituti e garantire i risparmiatori dagli effetti delle regole del “Bail in”, le nuove norme entrate in vigore in Europa dal primo gennaio e che di fatto scaricano sui risparmiatori (con depositi superiori ai centomila euro) i costi dei salvataggi bancari.

Senza Atlante, il fondo privato messo insieme dalle principali banche italiane e, con una quota di minoranza dalla Cassa Depositi e Prestiti, la mancata quotazione della Popolare di Vicenza avrebbe di fatto aperto le porte ad uno scenario ben più pesante. I correntisti dell'istituto, invece, sono in sicurezza. Non rischiano di veder andare in fumo i risparmi. In più, Atlante, che ormai controlla la quasi totalità del capitale, potrà agire senza alcun vincolo nell'interesse degli azionisti, per riportare in utile l'istituto. Da questo punto di vista, lo stop alla quotazione cambia poco. Il problema, caso mai, è un altro.

I 4 miliardi e passa che Atlante è riuscito a recuperare in poche settimane, e che avrebbero dovuto essere utilizzati anche per alleviare il peso delle sofferenze accumulato dagli istituti di credito negli anni della crisi, rischiano di essere per lo meno insufficienti. Nei prossimi giorni è già previsto un nuovo banco di prova, con Banca Veneta. La verità, però, è nella frase pronunciata da Mario Draghi proprio all'indomani della nascita del fondo italiano salva-banche: “Un piccolo passo nella giusta direzione”. Proprio così, piccolo. In Spagna, quando erano ancora possibili i salvataggi dello Stato, venne messo a disposizione degli istituti iberici un fondo da 40 miliardi, dieci volte quello del fondo italiano. Le nostre banche sono sicuramente solide. Ma per superare l'attuale fase servono soprattutto tre cose: chiarezza, trasparenza e garanzie. Parole che, da ora in poi, dovranno essere declinate nella maniera più forte possibile nell'interesse non solo dell'economia ma, soprattutto, dei risparmiatori.

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