Tradizione di famiglia, visione contemporanea
Gianluca Ribotta raccoglie il testimone del panificio di famiglia, a Barge, e introduce una nuova, più contemporanea, organizzazione del lavoro: amplia le referenze, rivede tempi e metodi produttivi e inaugura un secondo fortunato punto vendita
Di Valeria Maffei- Foto: courtesy of Panificio Ribotta
Era da poco terminata la Seconda guerra mondiale quando il signor Giovanni Ribotta aprì un panificio arroccato sulle montagne piemontesi, nel comune di Crissolo. Dopo qualche anno, nel 1954, il panificatore della provincia di Cuneo decise di lasciare le alture per scendere a valle, a Barge, un piccolo centro ai piedi del Monte Bracco. Qui rilevò un panificio storico, dando vita a un’ attività fiorente, a far parte della quale, qualche anno più tardi, sarebbe entrato anche il figlio Tommaso. « Quello della mia famiglia era un panificio avveniristico per l’ epoca. Era una delle pochissime attività che si concedeva un giorno di riposo a settimana e che chiudeva per ferie » racconta Gianluca, esponente della terza generazione della famiglia Ribotta e, dal 2019, alla guida dell’ attività fondata dai nonni. « Mio padre entrò giovanissimo in panificio e con il tempo si appassionò all’ arte bianca, in particolare al pane artistico. Io ho frequentato ragioneria e, dopo il diploma e diversi ripensamenti, ho deciso di intraprendere la strada del pane. Ero però consapevole che il mondo stava cambiando e volevo portare una visione nuova nell’ attività di famiglia ».
Materie prime, tecnica, visione
Così Gianluca inizia un percorso di formazione strutturato. Frequenta corsi con Maestri del calibro di Ezio Marinato, apprende la gestione dei grandi lievitati da Gianfranco Fagnola e affina la tecnica della lievitazione naturale con Christian Trione. « Quando sono entrato in panificio erano i primi anni Duemila e, all’ epoca, non si faceva una ricerca approfondita sulle materie prime, né le tecniche produttive erano scientifiche come oggi. I pani che proponeva mio padre erano a pasta madre— perlopiù forme tradizionali arrotolate come la biova, la mantovana o il barbarià, un pane tipico piemontese“ imbastardito” con la segale, che da noi si coltivava per proteggere il grano tenero dalle piogge— ma non avevano un’ identità ben definita ». Con il tempo Gianluca introduce un pane riconoscibile, legato al territorio, realizzato con
A sinistra Gianluca Ribotta e sua Moglie Cecilia.
In alto: il laboratorio. Gianluca ha scelto di investire in tecnologia per poter posticipare l’ inizio del lavoro notturno.
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