Foto di Carlo Casella |
Penso a voi anche durante il weekend( che ci volete fare, si chiama sindrome ossessivocompulsiva da panificazione indotta...), così domenica scorsa ho dato un’ occhiata su internet: ero alla ricerca di un buon argomento da trattare nell’ editoriale che state leggendo. Così è capitato che mi imbattessi nella recensione di un libro che si intitola:“ La pasticceria di Mezzanotte” di Noriko Onuma. Che cosa c’ entra con il pane? Ve lo spiego subito: il libro, un romanzo giapponese, si svolge in |
realtà in una boulangerie, quindi un panificio, ma nel titolo ai traduttori è parso più opportuno chiamarla pasticceria. La recensione( che trovate sul sito www. illibraio. it) è piena di consigli come:“ lasciati guidare dal profumo del pane” oppure:“ qui, tra baguette croccanti e panini al cioccolato, chi ne ha più bisogno può trovare conforto”, ecc. Leggendola, mi è salita una rabbia che non potete immaginare. Colpa dei traduttori? Forse, ma è soprattutto colpa nostra, che non ci sappiamo raccontare all’ esterno( come vedete, mi ci metto di mezzo anche io). Secondo me, infatti, nel caso di questo volume, a chi l’ ha tradotto e pubblicato proprio non è venuto in mente che potesse trattarsi di un panificio. Oppure, e questo sarebbe più grave, ha ritenuto che fosse più poetica una pasticceria. In ogni caso, la motivazione di fondo, a mio parere, è che nel panorama della comunicazione al pubblico manca una voce importante: quella del pane, |
cioè la nostra. E, se non vogliamo che il pane venga inglobato in altre tipologie di locale, sarà il caso che cominciamo a farla sentire. Da parte mia, il 25 marzo ho compiuto un piccolo passo accettando l’ invito di INAP( l’ Istituto Nazionale di Assaggiatori di Pane) che ha deciso di festeggiare il suo quindicesimo compleanno con una conferenza nella sala stampa di Montecitorio, la Camera dei Deputati. All’ inizio del mio intervento ho ringraziato l’ onorevole Maria Chiara Gadda per aver dato voce al pane in un contesto istituzionale così importante. Ho anche detto che, nel nostro settore, è necessario fare un passo indietro rispetto alle proprie opinioni personali e cercare una via comune che trascenda la parte politica, le associazioni e persino i specifici settori, per tutelare i prodotti e la professione artigianale. Chi mi conosce sa che ci sto lavorando, ma- per essere ascoltati- non basta una sola voce: bisogna essere uniti. Chi ci sta? |