IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 3
LIBRO PRIMO
"La scomparsa di Tafí del Valle"
Capitolo I
Conobbi Belicena Villca quando si trovava internata nell'ospedale neuropsichiatrico “Dr.
Javier Patrón Isla” della città di Salta, con una diagnosi di demenza senile irreversibile.
Essendo medico del padiglione B, di malati incurabili, ho dovuto prestare attenzione alla
suddetta inferma per un lungo anno durante il quale ho applicato tutte le risorse che la
scienza psichiatrica e la mia estesa esperienza nella professione mi offrivano per provare,
vanamente, il suo recupero. Come si vedrà più avanti, la sua storia la scrisse essa stessa
durante la sua permanenza in quella triste reclusione. Dedicò a questo fine tutto il tempo
disponibile, che era molto, infatti la direzione medica l'aveva autorizzata a scrivere "visto
che tale attività mostrava evidenti risultati terapeutici sull'animo della paziente". Tuttavia,
nessuno sapeva a cosa si riferissero i suoi scritti e se essi rivelassero alcuna coerenza
logica, informazione che sarebbe stato utile avere per confermare o correggere la diagnosi
avversa. Due motivi impedivano di conoscere il contenuto dei suoi manoscritti: il primo, e
principale, consisteva nel fatto che la malata scriveva in quechua santiagueño, una
lingua che solo si parla nella sua regione natale; in segreto, apparentemente, Belicena
Villca tradusse i manoscritti allo spagnolo castigliano pochi giorni prima di morire; il
secondo motivo era che diventava gelosamente violenta quando voleva evitare la lettura
dei testi da parte di estranei, cosa che aveva portato, un giorno, a un violento incidente
con un'infermiera che aveva osato poggiare gli occhi su una delle sue pagine. Dunque,
poiché quello che interessava era mantenerla tranquilla e la scrittura contribuiva a
intrattenerla in questo stato, si decise per non contraddire i suoi desideri maniaci e le si
permise di occultare i manoscritti in una cartella, dalla quale non si separava in nessun
momento. Tuttavia, parte della sua storia mi è stata raccontata da Belicena stessa durante
tutta la durata della sua convalescenza, sia mediante i lunghi monologhi ai quali
frequentemente la conduceva la psicoanalisi, nei giorni in cui certa stabilità mentale
permetteva questa terapia, o, involontariamente, quando il trattamento di narcosi la
sommergeva in un pesante sopore durante il quale, tuttavia, non diminuiva mai l'attività
orale. Naturalmente, non si poteva dare credito alle sue dichiarazioni, non solo per la sua
condizione di malata mentale, se non per il tenore delle stesse, che erano incredibili e
allucinanti: non potrebbe mai essere descritta, con maggiore esattezza, la sua storia, se
non come la storia propria di un pazzo.
La situazione di alienata di Belicena Villca sicuramente farà dubitare i lettori sull'esattezza
dei fatti narrati. È comprensibile, infatti solamente un anno fa io stesso avrei fatto tutto il
possibile per impedire la divulgazione di un materiale che la prudenza e l'etica
professionale, consigliano di mantenere nei riservati ambiti della Storia Clinica e del
Bagaglio Personale. Ma ecco che la morte improvvisa di Belicena Villca è venuta a
sconvolgere questo punto di vista razionale e mi ha portato a pensare che la storia