IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 129

Ventitreesimo Giorno Circulus Domini Canis È ora già che mi riferisca a San Domenico e all’Ordine dei Predicatori. Domenico di Guzmán nacque nel 1170 nella villa di Caleruega, Castilla la Vieja, che si trovava sotto la giurisdizione del vescovo di Osma. Prima della nascita, sua madre fece un sogno nel quale vide il suo futuro figlio come un cane che portava tra le fauci un labris ardiente, vale a dire, un’ascia fiammeggiante a doppia lama. Quel simbolo interessò moltissimo ai Signori di Tharsis poiché lo consideravano segnale che Domingo era predestinato per il Culto del Fuoco Freddo. Da lì lo vigilarono attentamente durante tutta l'infanzia e, appena conclusa l'istruzione primaria, prepararono un posto per lui all'Università di Palencia, che allora si trovava all'apice del suo accademico. Il motivo era chiaro: a Palencia insegnava teologia il celebre vescovo Pietro di Tharsis, più conosciuto con il soprannome di "Petreño” (Petregno), il quale godeva di confidenza illimitata da parte del Re Alfonso VIII, del quale era uno dei suoi principali consiglieri. Quello che occorse cinquanta anni prima a suo cugino, il Vescovo Lupo, era un'avvertenza che non poteva essere pascolata e per questo Petreño viveva tra le mura dell’Università, in una cassa molto modesta che però aveva il vantaggio di essere provvista di una piccola cappella privata: lì custodiva, per la sua contemplazione, una riproduzione di Nostra Signora della Grotta in quella cappella, Petreño iniziò Domenico di Guzmán al Mistero del Fuoco Freddo e fu talmente grande la trasmutazione avvenuta in lui, che subito si convertì in un Uomo di Pietra, in un Iniziato I tale Iperboreo dotato di enormi poteri taumaturgici e immensa Accetta: tanto profonda era la deposizione di Domenico di Guzmán per Nostra Signora della Grotta che, si diceva, la stessa Santa Vergine rispondeva al monaco nelle sue preghiere. Fu lui che comunicò a Petreño che aveva visto Nostra Signora della Grotta con un collare di rose. Allora Petreño indicò che quell'ornamento equivaleva al collare di teschi di Frya Kalibur: Frya Kalibur, da fuori di Sé Stesso, appariva vestita di Morte e mostrava il collare con i teschi dei suoi amanti assassinati; i teschi erano i conti con le Parole dell’Inganno; in cambio Frya vista nel profondo di Sé Stesso, al di là del Suo Velo di Morte che la rappresenta Terribile per l'Anima, rappresentava la Nuda Verità dello Spirito Eterno, la Vergine di Agartha di una Bellezza Assoluta e Immacolata; sarebbe naturale che essa mostrasse un collare di rose nel quale ogni porticciolo rappresentava i cuori di coloro che l'avevano Amata con il Fuoco Freddo. Domenico rimase intensamente colpito da questa visione e non si fermò fino a inventare il Rosario, che consisteva in un cordone dove si trovavano inseriti, però fissi, tre giochi di sedici palline composte di petali di rosa, le sedici palline, tredici + tre serie (poste), corrispondevano ai "Misteri della Vergine". Il Rosario di San Domenico, si utilizza per pronunciare ordinatamente le preghiere, o mantras, che producono uno stato mistico nel devoto della Vergine e finiscono con l'accendere il Fuoco Freddo nel Cuore.