Il Michileangelo a.s. 2014-15 | Page 30

Si alla guerra. Preserviamo il nostro mare dalla putredine. Protagonista del primo ventennio del Novecento é la presa di posizione di poeti e letterati di fronte alla "Grande Guerra". È innegabile il fatto che la scelta di questi sia stata condizionata dalla concezione della storia del filosofo ottocentesco Hegel. L'espressione “Il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole" è una massima hegeliana, volta a sottolineare il carattere ineliminabile della guerra. Tantissimi poeti e letterati vissuti durante gli anni della Grande Guerra hanno abbracciato tale filosofia, e sono diventati i portavoce di questa ideologia. Ne sono un esempio Giovanni Papini, Gabriele D'Annunzio e Thomas Mann. Non a caso il manifesto del Futurismo, comparso per la prima volta nella rivista francese "Le Figaro" nel 1900, presenta un passo di impronta hegeliana. In questo estratto la guerra è presentata come "sola igiene del mondo" ed è ribadita l'intenzione dei futuristi di glorificarla. É di Giovanni Papini il testo "Amiamo la guerra" pubblicato in "Lacerba" nel 1914. In questa pubblicazione l'autore afferma: "siamo troppi. [...] La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola". Parla di uomini che vivono solo perché erano nati, apparentemente inutili. È come se questi fossero una delle tante formiche di un affollato formicaio: tutte laboriose ma nessuna indispensabile. Infatti, continuando Papini asserisce che poche " fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel colore dei panni, - quelle - da rammentare". Anche il letterato dall'ideale superomistico nietzschiano e, quindi fautore dell’ irrazionalismo, riprende e rivisita la concezione idealistica hegeliana. D'Annunzio nel " Sagra dei Mille" parla di "sangue rovente della risurrezione" derivato dalla colata dell' "immensa chiusa fornace" e accesa "sinché tutto il metallo si strugga". Una concezione della guerra quasi teatrale, quasi un truculento spettacolo, uno scempio. Thomas Mann in "Pensieri di guerra" riconosce la guerra come "necessità morale" e la definisce " prova estrema, una volontà, una radicale risolutezza". Continua interrogandosi: "non è la pace appunto l'elemento della corruzione civile [...] divertente e spregevole al tempo stesso?". Tuttavia non tutti i letterati apprezzano il soffiare dei venti che preserva dalla putredine. Contrari alla guerra sono Vladimir Majakovskij e Renato Serra. Nella sua poesia Majakovskij descrive dettagliatamente la guerra dal suo punto di vista, citando sia l'alleanza nemica che la contesa dell'Alsazia e della Lorena delle due alleanze (Triplice Alleanza e Triplice Intesa). I riferimenti al mon