Noi gente che spera
P re c ari et à,
licenziamenti, disoccupazione,
cassa integrazione, sono temi
che caratterizzano l'ordine del
giorno di tutti i contesti, dalla
sfera familiare a quella sociale e
nazionale. La presenza di tutto
ciò che ha come comune denominatore il concetto di crisi è
destinato a crescere iperbolicamente nella quotidianità.
Protagonista del XXI secolo è
un mondo globalizzato, e, in
quanto tale, qualsiasi cosa innesca un meccanismo a catena,
portatore di conseguenze positive o negative, che non preclude
nessuna parte dell'insieme. Dunque la crisi, che sembra avere
avuto inizio nel 2008 in America, si è incanalata nel processo
di globalizzazione, mettendo in
pericolo l'economia dei paesi
occidentali, inclusi quelli europei e soprattutto quelli protendenti al crollo. E' il caso
dell’Italia.
Dal momento che la crisi, come
ogni cosa, non può essere nata
dal niente e presuppone un periodo di fecondazione prima della
nascita, è necessario indagare la
causa che ha innescato tale processo.
Agli occhi di molti studiosi, la
crisi del XXI secolo sembra essere frutto dell'ingente debito
pubblico accumulato nel corso
degli anni '70 e '80 del secolo
scorso. Si tratta di un frutto avvelenato che rappresenta la visione utopica della realtà tipica
del XX secolo. Un secolo florido, apparentemente stabile, tanto
ricco quanto virtuale.
Quote
d'azioni,
compravendita
borsistica, titoli,
sono tutti elementi
che, dalla seconda
metà del secolo
scorso, costituiscono il marchio
della società. Ma
se ad essere marcia è la parte virtuale del frutto
questo non vale a dire che il problema non tocca la sfera materiale. Infatti il male maggiore è
proprio l'incongruenza, il mancato riscontro tra ciò che, tramite
un “gioco di alta finanza”, costituisce il profitto dei singoli destinatari ad essere tale solo in
potenza e ciò che di fatto ogni
singolo individuo possiede. E'
proprio come se il “bel giardino” dantesco da qualche tempo
trasudasse crisi e quindi
“marciume”.
Per estensione si tratta della differenza tra le quotazioni di acquisto e di vendita, di una moneta o di un titolo, scarto tra due
tassi di interesse oggi denominato SPREAD. Il caso dell'Italia è
senza dubbio l'argomento dello
spread tra i tassi d'interesse italiani e tedeschi.
Lo spread intacca la liquidità e
neanche un eventuale risollevamento delle sorti italiane, al momento, sarebbe in grado di sconfiggere l'atrofia del sistema. La
liquidità scarseggia e questo
condiziona ed ostacola l'atto del
comprare dal momento che, chi
non è in possesso non può certamente comprare e nemmeno attingere a prestiti in quanto la liquidità costituisce un deficit anche per le banche e chi ne è in
possesso è sempre più restio e
conservativo, propenso ad accumulare denaro in vista di una
temuta condizione