nera fiaba d'autunno
il Lettore di Fantasia
«Era furba, Mor'agh. Furba, perfida e piena di
malizia, più di ogni altra creatura del Creato...»
scialli e dei grembiuli che usava come abito. Quindi aprì
lo zaino ed il suo sguardo s’illuminò.
~
«Oh! Sì, sì! Bello, bello!» strillò, rialzandosi con
«Hi hi hi! Ha ha ha! Hai visto Balhor come
correvano?! Ha ha ha! Hi hi hi! Leprotto e leprottina,
correte giù dalla collina!»
sorprendente agilità.
Batté
le
mani,
applaudì,
fece
una
piroetta,
accennando due o tre passi di danza.
La vecchia aveva l’aspetto di una pazza. Rideva
piegata in due, tenendo stretti i fianchi, temendo forse si
«Miele, Balhor! Miele, tesoro mio! Miele bello, miele
dolce, miele bello, dolce e profumato!»
strappassero. Il ventre le vibrava, rimbombando forte,
La vecchia adorava quel fluido alla follia. Lo adorava
percosso come una grancassa dai grossi seni flaccidi. Le
e lo cercava avidamente, solo non poteva mai mangiarlo:
pieghe sotto al mento schioccavano con orribili risucchi.
aveva troppa paura delle fate, quelle odiose creaturine
Il suono colloso di scarponi intrappolati senza scampo
gialle e nere che ronzavano sempre attorno ai favi,
nella melma.
ostinandosi a proteggerli con pugnali avvelenati. Per
«Leprotto e leprottina! Giù dalla collina! Dalla collina
giù... e non ci siete più!»
questo ora ballava, per questo ciabattava allegra tra i
rifiuti della cima: aveva trovato un tesoro. Un magnifico,
Il riso si trasformò via via in un singulto pigolante, in
splendido tesoro!
un mormorio sconnesso, mentre Mor’agh ciondolava
Balhor, al contrario, non sembrava altrettanto
qua e là per il pianoro, raccogliendo il frutto delle sue
interessato. Il grosso gatto nero uscì con noncuranza dal
fatiche. Lo zaino ed il tascapane del ragazzo, gettati
cespuglio. Fatti tre passi si fermò, iniziando a lisciarsi il
prima di afferrare la sorella e gettarsi a rotta di collo
pelo. Folto e lucido, senza interruzioni, sembrava fatto
lungo la via appena percorsa. La tracolla si era aperta
di tenebra e velluto. Gli occhi, invece, erano smeraldi,
nella caduta, spargendo parte del contenuto sul sentiero.
enormi gemme degne del bottino d'un brigante.
«Cosa abbiamo qua?! Cosa abbiamo là?!» canticchiò
Guardavano Mor’agh, tra una leccata e l'altra,
la vecchia, afferrando involti e slegando lacci con dita
tremanti d’emozione.
giudicandola con aria annoiata, quasi riprovevole.
Con calma e metodo, Balhor si pulì l'intera zampa
«Erbacce?! Puah! Buone per lumache e funghi!»
sinistra, quindi passò al petto. Poi, d’improvviso, si
esclamò con un gesto di disprezzo, gettando all’aria i
fermò. Drizzò le orecchie, trafiggendo le ombre del
sacchetti con le erbe da decotto.
sentiero. Anche la padrona si volse nella stessa
«Mmmm... e questo? Che cos’è mai questo,
amoruccio mio?» proseguì, strappando con voracità un
pesante involucro di stoffa.
«Oh oh oh! Cucciolo mio?! Oh oh oh! Hai sentito,
che fortuna?! Stranieri, amore mio! Altri stranieri caduti
Infilò una manaccia dentro, rimestò e ne estrasse un
pugno di cristalli trasparenti. Dubbiosa, Mor’agh ne fece
un sol boccone.
«Mmmm...
direzione, quella opposta ad Andh.
sulla nostra piota!» ridacchiò la donna, carezzando
l'orcio del miele come fosse una sfera di veggenza.
Tutti consideravano Mor’agh una fattucchiera ed
ahhhh...
buono...
buono...
infatti conosceva un incantesimo. Uno soltanto. La piota
ahhhhhhhhhhh! Brucia! Brucia! Brucia!» sobbalzò
dello smarrimento. Si trattava di una zolla erbosa,
subito dopo, sputacchiando sale a grani grossi.
stregata con urina e parole di potere, capace di far
L’esperienza non sembrò troppo turbarla e fece
perdere senno e direzione a chiunque tanto sfortunato
sparire il pacco in una delle innumerevoli saccocce degli
da pestarla. La donna ne piazzava alcune alle estremità
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