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IL GIORNALE DEL VOLONTARIO n.1
Novembre/Dicembre 2015
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Racconti e testimonianze
Q
uesta è la storia di Giacomo
(nome di fantasia), nato negli anni
’50, da una famiglia di sani
principi, dove il pilastro portante
era la mamma, presente per i figli e un
padre sempre dedito al lavoro. In una
famiglia con sette figli, la maggior parte
donne, lui un ragazzo pieno di entusiasmo
e idee per la vita, che non sempre gli ha
sorriso, ma che comunque gli ha regalato
anche momenti di intensa felicità e
soddisfazione. La sua storia inizia così,
iniziamo a parlare e si dimostra molto e fin
da subito disponibile a dirmi tutto, anche a
scendere nelle sue emozioni, se questa sua
storia può racchiudere e aiutare qualcuno
che leggendo, nel
ritrovarsi,
potrebbe
non
cadere nei suoi
stessi errori o
semplicemente
fare altre scelte.
Inizia a raccontarmi di quando era ragazzo,
un tipo “tutto pepe”, si sarebbe detto a suo
tempo, oggi si classificherebbe tra quelli
che amano il rischio, unico figlio maschio
della famiglia, su di lui tante
responsabilità, alle quali mai si è negato.
All’età di 25 anni conobbe Francesca (nome
di fantasia), una ragazza anche lei di sani
principi, dedita al lavoro e alla famiglia,
che gli darà la possibilità di essere padre di
tre splendidi figli e che non lo abbandonerà
mai, anche nei momenti più bui, ma questa
è un’altra storia; torniamo a quando era un
ragazzo, dove i suoi unici interessi erano
scuola, amici e spensieratezza, il suo primo
approccio col mondo del gioco, che non è
quello dei tempi infantili di cui stiamo
parlando, è avvenuto proprio con gli amici,
le innocue giocate a carte, magari durante
le feste di Natale o la sera in quei piccoli
circoli che prima erano tanto di voga nel
essere frequentati da gruppi di giovani,
oggi sostituiti da centri di aggregazione un
po’ più complessi. Ci s’incontrava sempre
più spesso, il pensiero era passare del
tempo in compagnia, ma in realtà cresceva
il lui la voglia di sfidare la sorte o fortuna,
in lui si stava innescando un meccanismo
di sfida che più passava il tempo, più non
riusciva a farne a meno.
All’età di 30 anni, dopo esser passato tra
tanti impieghi, ha un lavoro indeterminato,
un primo passo verso l’indipendenza e la
realizzazione personale, anche se questo
non lo distoglie dal suo continuo vagare
alla ricerca del lavoro perfetto, essendo
pieno di idee, un lavoro d’ufficio, non lo
rappresentava, nonostante questo, non lo
lasciò mai, era una certezza che a quei
tempi, non tutti potevano avere.
Contemporaneamente alla sua età,
crescevano gli obiettivi di sfida contro il
fato, da qui l’inizio di un gioco più grande
di lui, l’incontro con i “Cavalli”, le corse.
Il primo incontro con questo mondo,
fantastico e ingannevole allo stesso tempo,
durante un viaggio di famiglia a Torino, la
prima scommessa, la prima sensazione di
euforia, che anche se vana, gli aveva
regalato un momento indimenticabile di
estasi sensoriale. Mai avrebbe pensato che
sarebbe stato il principio di una storia
infinita, fatta di bugie, inganni e sotterfugi.
Tornato a casa da questo viaggio, sentiva
che qualcosa gli mancava, più
precisamente aveva nostalgia di quelle
sensazioni
provate,
una
voglia
incontrollabile e irrefrenabile di rifarlo.
Alla fine degl’anni ’70 un altro passo verso
la realizzazione e soddisfazione personale,
il matrimonio con Francesca e la nascita del
primo figlio Luca e di Claudia, la
secondogenita, una gioia immensa per
tutta la famiglia, e per lui sopra ogni altra
cosa, ma ciò nonostante, quel pensiero,
quella voglia di estasi sensoriale non
smetteva di crescere. All’inizio degl’anni
’80, ha una famiglia perfetta, non da
“Mulino Bianco”, ma quale famiglia non ha
discussioni o problemi
al suo interno, normale
amministrazione
familiare, lui un padre
innamorato dei suoi figli
e della donna che gli era
accanto, tre figli, una
casa accogliente, un
lavoro che gli permetteva qualche
soddisfazione in più, insomma tutto
andava come dovrebbe in ogni casa, solo e
sempre però quella sensazione di
mancanza di emozioni diverse.
Dalla prima volta a Torino, Giacomo non
aveva smesso di frequentare quei posti
sbagliati, dove vigevano la mancanza di
senso e responsabilità, perché tutto era
basato sulla fantasia.
Il punto di partenza e allo stesso tempo,
del non ritorno, iniziarono le bugie e
l’allontanamento, seppur solo con la
mente, dalla famiglia e dalle gioie che essa
proponeva ogni giorno, l’inizio
dell’irreale.
Per molti anni, Giacomo, racconta, che era
riuscito a tenere tutti allo scuro, cercava in
tutti i modi di far vivere sempre la stessa
vita alle persone che lo circondavano,
insomma un gioco e una bugia che
cresceva sempre più, fino quasi a dargli la
certezza che la realtà era quella che viveva
di nascosto e non quella che aveva perso
giocando.
Verso la metà degl ’anni ’90, la sua era
un’esistenza ormai buia, vagava
nell’illusione.
Anche la famiglia ormai aveva capito tutto
o quasi, comunque aveva percepito gli
aspetti peggiori di
questa malattia, la
continua ricerca di
f o n d i ,
l a
disperazione e la
caduta certa in quella fossa chiamata “Nelle
mani degli Usurai”, soldi facili, magari
piccoli prestiti, favori… e poi, interessi
senza fine e la voglia di “morire” pur di
risparmiare un tale dispiacere alle persone
amate. Intorno al 2008, alla soglia dei 60
anni, si ritrova solo. La famiglia, che lo
aveva sempre sostenuto, nonostante abbia
provato in tanti e più modi a farlo tornare
indietro, non ce la fa, e abbandona le
speranze che lui possa tornare ad essere
quell’uomo che era prima di iniziare a
giocare, dopo aver investito tanto per lui,
per parare alle sue mancanze economiche e
di credibilità con le persone, dopo aver
investito per curarlo, nulla lo distoglieva
da quel mondo, nemmeno la gioia di esser
Nonno, riuscì a placare questa sfida
continua al fato.
Da qui, l’intervento divino, se così si può
dire, la scoperta di un male ormai avanzato
e che forse gli darà soltanto il tempo per
recuperare quello che aveva realmente
perso, l’amore della famiglia e il rispetto di
tanti che lo conoscevano e nonostante tutto lo
ammiravano.
A oggi, Giacomo ce l’ha fatta, è riuscito
a porsi degl’obiettivi e a raggiungerli fino
alla fine.
Giacomo non c’è più, ma in questi anni, è
riuscito a recuperare le cose importanti che
aveva perso:
l’amore della famiglia;
è stato presente come Padre e Nonno
per i nipoti che sono venuti dopo;
ha visto realizzare tutti e tre i suoi figli;
le persone che lo conoscevano, al suo
funerale erano tantissime, la chiesa
non riusciva a contenerle, segno che
anche il rispetto di tutti l’aveva
recuperato.
Il messaggio che Giacomo voleva che
arrivasse da questa chiacchierata, era che il
tempo non è mai abbastanza, e che non
sempre Dio ci da l’opportunità di
recuperarlo se lo abbiamo perso.
Molti, soprattutto giovani, si attaccano a
questa illusione che la fortuna prima o poi
arriva, ma in realtà, la fortuna di ognuno
di noi, viene tutti i giorni.