IL BRIGANTE ED IL GENTILUOMO Il brigante e il gentiluomo II | Page 37
Adesso ricordava Parigi la sua mente era tornata in
quella terra straniera dove lo avevano esiliato, come un ri-
cordo vivido che si manifestava davanti ai suoi occhi.
I giorni passavano come interminabili corridoi d’ango-
scia, le strade cupe, grigionere sembravano volerselo in-
goiare, i volti stranieri balenanti di parole e lingue che non
riusciva a capire e a fare sue, si sentiva solo in una folla
anonima, solo e disperato.
Aveva aspettato innumerevoli notti e giorni cercando
qualche notizia; chiedeva in ogni luogo, ad ogni persona
che incontrava e che potesse sapere.
Aveva atteso lettere e messaggeri ma l’unica cosa che
cresceva era la sua solitudine, l’unica voce che udiva quella
della sua angoscia.
─ Dove sei coi nostri figli? Perchè non siete ancora
qua?
Non arrivavano notizie; ogni giorno si recava al porto,
chiedeva ad ogni marinaio che incontrava, scrutava il mare
scuro che si striava di un blu nero sotto ai suoi occhi che
cercavano, cercavano nel disperato tentativo di scorgere
una piccola macchia, un piccola forma galleggiare come un
miracolo nell’immensità del mare.
Esiliato, messo al bando da Ferdinando II, Michele si
era rifugiato a Parigi dove aveva organizzato una fuga per
la sua Elisabetta e i due bambini Raimondo e Gerardo, nati
dal loro amore contrastato.
Aveva progettato tutto sfruttando i suoi contatti, i fra-
telli massoni partenopei erano stati fondamentali, una
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