EDITORIALE
ASCOLTARE, NON ASPETTARE
Ph. Claudia Reali
Cristina Mandrini cristina. mandrini @ dbinformation. it
Reagire, non resistere. Perché questo incipit lapidario? Perché da qualche settimana il concetto di“ resilienza” sta rimbalzando con una certa frequenza in editoriali, convegni e interviste anche all’ interno del nostro mondo, proprio per indicare la capacità di imprese e imprenditori di resistere alle difficoltà di un mercato incerto, a causa del contesto geopolitico ed economico, e rallentato dalla sfiducia dei consumatori. Mi sembrava strano che il termine“ resilienza” non fosse ancora entrato nel vocabolario degli osservatori del mondo arredo e arredobagno, ma mi pare ancora più strano che stia succedendo ora, per due motivi. Primo motivo. La filosofia della resilienza ha fatto irruzione nelle nostre vite e nel nostro modo di ragionare durante il periodo del Covid quando, oltre a dover resistere ai rischi per la propria salute, le persone hanno dovuto resistere e sopportare anche molte limitazioni alle proprie libertà di movimento e di azione. lo scenario in cui si trovano oggi le imprese non è questo: i rischi di impresa ci sono e sono aumentati, ma la libertà di azione non è messa in discussione. Secondo motivo, per cui mi corre in aiuto il filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti che scrive“ Non mi è mai piaciuta la parola resilienza! Prelevare dalla
fisica un termine( resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’ uomo alla stregua di un oggetto. Significa trascurare il fatto che l’ uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti …” che, aggiungo io, aiutano spesso a far scattare idee, soluzioni, reazioni. Al rientro da un tour di tre giorni nel distretto della ceramica sanitaria che resiste a questo periodo sicuramente complesso( per tutti), qualcuno mi ha chiesto quale livello di negatività avessi colto. Domanda strana, ancora più strana la metrica con cui si pretende di misurare lo stato di un comparto. Ho risposto con alcune parole chiave raccolte dalle conversazioni con le persone che ho incontrato. Titolari, direttori di stabilimento, addetti alla comunicazione. Parole vere, non estrapolate da statistiche e algoritmi, ma da scelte strategiche e risultati concreti. Eccole: tecnologia, modernità, riciclo, ascolto. Ce ne sarebbero molte altre, ma queste sono quelle che mi hanno colpito di più per il risvolto positivo in termini di efficienza, qualità e opportunità che portano con sé e che avremo modo di approfondire. Il 2026 ci aspetta con fiducia, stiamo in ascolto.
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