per quale motivo il nostro potenziale cliente straniero ci sceglierà dallo scaffale. Per il passaparola? Per il nome? Per il vitigno? Per la provenienza geografica? Per l’ etichetta? Per i punteggi delle Guide o dei blogger? O semplicemente per il prezzo? Questi sono alcuni dei filtri attraverso i quali si sceglie il vino anche in Italia, ma, a seconda del mercato in cui vorremo posizionarci, questi filtri potranno avere pesi diversi. Oppure potrebbero essercene degli altri. Abbiamo premesso che vendere all’ estero è sicuramente una buona idea. Se però lasciassimo importare tutto il nostro vino al nostro Principe Azzurro allora si trasformerebbe una pessima idea. Per almeno due motivi: il primo è che il vino italiano si vende soprattutto perché è italiano ed un vino è veramente italiano, non solo perché prodotto nel " bel Paese ", ma anche perché è bevuto dagli italiani.
Questo rappresenta un’ abitudine e un’ attitudine nella quale un consumatore straniero spesso si vuole identificare. Il secondo motivo è squisitamente legato alla differenziazione degli investimenti. Siete sicuri che investire tutto in un solo grande importatore, quel famoso“ Principe”, sia una scelta responsabile e non rischiosa? E se un giorno decidesse di mollarci? O semplicemente finisse per uscire egli stesso dal mercato? Ecco, quindi che vendere all’ estero richiede conoscenze tecniche e normative, sensibilità culturale, investimenti nel marketing, diversificazione del portafoglio clienti e flessibilità produttiva. Raggiungere questo obiettivo potrà essere anche alla portata delle piccole e medie aziende italiane se, e solo se, sapranno affrontare questa sfida senza suggestioni e magari affidandosi a chi questo lavoro lo sa fare. ■
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