I_Canti_di_Castelvecchio Canti di Castelvecchio | Page 43

facea passare i fili suoi tra i licci d’una tela che ordiva un vecchio ragno. Così passava la lor cauta vita nell’odoroso tarmolo del ciocco: e chi faceva nuove case ai nuovi, e chi per tempo rimettea la roba, e chi dentro allevava i dolci figli, e chi portava i cari morti fuori. E videro l’incendio ora e la fine i vegliatori: disse ognun la sua. E disse il Biondo, domator del ferro, cui la verde Corsonna ama, e gli scende cantando per le selve allo stendino, e per lui picchia non veduta il maglio: «Vogliono dire ch’hanno tutti i ferri, quanti con sé porta il bottaio, allora ch’è preso a opra avanti la vendemmia: l’aspro saracco, l’avido succhiello, e tenaglie che azzeccano, e rugnare di scabra raspa e scivolar di pialla. Ché non hanno bottega: a giro vanno come il nero magnano, quando passa con quello scampanìo sopra il miccetto; ossia concino, o fradicio ombrellaio, voce del verno, la qual morde il cuore a chi non fece le rimesse a tempo. Né leo leo vanno, come loro. Piglian le gambe e stradano, la vita, come noi, strinta dal grembial di cuoio». E disse il Topo, portatore in collo, primo, fuor che del Nero; sì, ma questi porta più poco, e brontola incaschito: - Carico piccolo è che scenta il bosco -: