I_Canti_di_Castelvecchio Canti di Castelvecchio | Page 40
IL CIOCCO
C ANTO P RIMO
Il babbo mise un gran ciocco di quercia
su la brace; i bicchieri avvinò; sparse
il goccino avanzato; e mescé piano
piano, perché non croccolasse, il vino.
Ma, presa l’aria, egli mesceva andante.
E ciascuno ebbe in mano il suo bicchiere,
pieno, fuor che i ragazzi; essi, al bicchiere
materno, ognuno ne sentiva un dito.
Fecero muti i vegliatori il saggio,
lodando poi, parlando dei vizzati
buoni; ma poi passarono allo strino,
quindi all’annata trista e tribolata.
E le donne ripresero a filare,
con la rócca infilata nel pensiere:
tiravano prillavano accoccavano
sfacendo i gruppi a or a or coi denti.
Come quando nell’umida capanna
le magre manze mangiano, e via via,
soffiando nella bassa greppia vuota,
alzano il muso, e dalla rastrelliera
tirano fuori una boccata d’erba;
d’erba lupina co’ suoi fiori rossi,
nel maggio indafarito, ma nel verno,
d’arida paglia e tenero guaime;
così dalla mannella, ogni momento,
nuova tiglia guidata era nel fuso.
Io dissi: «Brucia la capanna a gente!»
E i vegliatori, col bicchiere in mano,
tutti volsero gli occhi alla finestra,
quasi a vedere il lustro della vampa,