GrandeCucina per Debic I |
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EFFETTO SORPRESA |
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Per uno chef la costruzione di un menu è un lavoro attento, fatto di tecnica ragionata, creatività, istinto: un percorso che culmina con il dolce e dove – come racconta Gabriel Collazzo – la qualità di materie prime selezionatissime riveste un’ importanza fondamentale. Perché il dessert sia davvero l’ ultimo colpo di scena di un percorso degustativo |
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a cura della redazione |
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Vincitore del prestigioso Grande Cucina Talent Prize – riconoscimento assegnato ai migliori chef emergenti italiani-, Gabriel Collazzo, classe 1999, ci spiega il“ suo” modo di costruire un menu, un racconto di materie prime sceltissime, di attenzione alla stagionalità, al ritmo della natura, allo spreco“ zero”, con la voglia di sorprendere il cliente, soprattutto nella sua chiusa finale, il dolce. Ed è qui che, in un gioco di sponda con il pastry chef, costruisce proposte inaspettate, affiancato da prodotti tecnici come nella filosofia di Debic.
Come costruisci un menu? Quando penso a un menu, la prima cosa su cui mi focalizzo è la stagionalità e ciò che mi offre il territorio intorno a me. Sulla base di questi elementi inizia lo sviluppo del piatto, un processo che per me ruota intorno alla trasformazione della materia prima al 100 %. E questo richiede tempo ed energia, ma è ciò che consente di consacrare davvero il piatto e la nostra professione.
C’ è un filo conduttore che cerchi di mantenere tra le diverse portate? Nel mio concetto di cucina cerco di seguire una via che si calibra fra gusto, equilibrio, ma soprattutto stagionalità, sia per il mondo vegetale che per quello animale. Oggi come oggi il mercato ci mette a disposizione materie prime di ogni genere in ogni periodo dell’ anno, senza discrimini, ma ciascun ingrediente
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– che sia una verdura, un pesce o una carne – ha un suo ciclo. Bisogna rispettare i tempi della natura, dare modo agli animali di crescere e riprodursi, alle piante di maturare. Dobbiamo guardare indietro per fare un passo avanti.
Come bilanci creatività e sostenibilità economica nel menu? Educare la clientela al rispetto della stagionalità è, per me, il grande compito di uno chef. La creatività deve muoversi dentro questi confini: creare un menu stagionale che rispetti il prodotto e il cliente è la migliore sintesi possibile, sia dal punto di vista professionale che economico.
In che modo si riflette il tuo stile in cucina nelle tue proposte? Lo stile che ho sempre cercato di racchiudere nei miei piatti è la nouvelle cuisine francese, che unisce tradizione e innovazione. Significa ripartire dalle tecniche del passato per costruire qualcosa di nuovo, sempre con uno sguardo rivolto al futuro.
Come evolve il tuo menu nel tempo? Trovo che il giusto compromesso siano
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tre, quattro mesi per ogni stagione. Alcuni prodotti, però, meritano tempi ancora più brevi per essere valorizzati: penso al pomodoro verde, al fico viola prematuro o a quello verde e dolcissimo di fine agosto.
Che cosa è per te il dessert? Un epilogo o un atto finale? Il dessert è come la ciliegina sulla torta, il completamento del menu. Per realizzarne uno davvero riuscito è fondamentale pensarlo in coerenza con il percorso che lo precede. Per questo mi relaziono costantemente con il pastry chef: uniamo le forze e costruiamo insieme una visione coerente.
Parti tu direttamente con un’ idea del dolce o collabori con il pastry chef? Il dolce nasce sempre da un confronto con il pasticcere: partiamo da un’ idea o da un ingrediente e lavoriamo insieme, in una discussione costruttiva che mette a confronto due professionalità complementari, una più creativa, quella dello chef, e una più tecnica, quella del pastry chef. Ciò da cui però non si prescinde mai è selezione della materia prima, come basi con materie grasse
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