Dissonanti armonie DISSONANTI ARMONIE di Maria Rosaria Teni | Page 3
Prefazione
di Maurizio Chierici
La contraddizione di queste righe non è facile da nascondere: un giornalista,
testimone meccanico della realtà, introduce la lettura di versi i quali
raccolgono emozione e dolore che le onde della stessa realtà portano sul
tavolo di una poetessa lontana dagli odori insopportabili della violenza; dai
fuochi e dalla polvere che avvolgono ogni paura. Bisogna dire che
l’abitudine ha sterilizzato nella non attenzione il dramma di popoli in
apparenza alla fine del mondo anche se il loro mondo ci raggiunge ogni sera
sul piatto della cena, lampi Tv più o meno sempre gli stessi: quei corpi da
dimenticare e le armi gloriose che li hanno colpiti. Occhi coperti di mosche
nascondono la fame. Nella valigia del testimone è ripiegato il cinismo senza
il quale il testimone non potrebbe andare e tornare per riprendere le abitudini
della tribù alla quale appartiene. Ma fra i cinici è forse un cinico sincero. Si
lascia portare dalla storia facendosi provvisoriamente carico di ogni
sofferenza. La stringe negli aggettivi della protesta educata che il mestiere
impone. Poi lascia scorrere il dolore osservando quello degli altri col
distacco di un impresario di pompe funebri: in fin dei conti non è lui
l’assassino. Ecco cosa succede; adesso lo sapete. Scandalizzatevi. A volte i
più giovani dei nostri paesi hanno ragione quando ci rimproverano di essere
sopravvissuti senza traumi alle cose che raccontiamo e di non essere del
tutto innocenti se al ritorno ne parliamo e subito dimentichiamo per
inseguire altri corpi e altre mosche. Ecco la sorpresa: scoprire che non la
rabbia delle piazze, ma l’emozione che diventa parole e le parole che
diventano versi, sorprendono la quotidianità di chi non sopporta l’ipocrisia
fra i libri e la musica della vita in apparenza quieta. Il viaggiatore che va e
torna sfoglia le poesie di Maria Rosaria Teni con imbarazzo. È abituato a
raccogliere soprattutto numeri: contabilità delle città fatte a pezzi, persone
che diventano fumo disperso dal vento, notizie che non fanno notizia perché
le notizie sono sempre le stesse. Cambiano solo i nomi dei paesi e delle città.
Numeri che nella loro inflessibilità non contemplano il trauma del viaggio
dei profughi, villaggi distrutti, regioni che cambiano faccia e poi la fame e
ancora fame. Nel secolo benedetto dai profumi dell’opulenza, nessuno riesce
ad immaginare che di fame si possa svanire quando le diete diventano lo
strazio quotidiano. E nel giorno della festa che consacra la nostra attenzione
verso i bambini del mondo, nessuno ha il pudore di riconoscere che sono
sempre più bambini i killer senza pietà delle squadre della morte. < Ti hanno
buttato tra le braccia - (esili braccia da bambino) - un fucile per sparare -
(ma non sei un assassino!) - Ti hanno detto di combattere - soldato-bambino
>. All’angoscia di Maria Rosaria Teni aggiungo un verso che non è un verso,
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