L'ITALIA, L'ARGENTINA (IN DEFAULT) E SHAKESPEARE
Verso la metà di luglio il presidente del Consiglio dei ministri
italiano, Matteo Renzi, aveva scritto al capo di Stato della
Repubblica Argentina dimostrando la solidarietà del proprio
paese e soddisfazione per la volontà del paese sudamericano
di “continuare il pagamento del debito, punto chiave di
grande valore per i mercati internazionali”.
Più di recente molti parlamentari italiani hanno sottoscritto
un documento in cui si esprime solidarietà nei confronti dell'Argentina e si sostiene la necessità di “trovare una soluzione positiva al caso argentino” ed anche, più in generale, di
lavorare per l'introduzione di “regole e procedure di gestione
concordate a livello internazionale per la ristrutturazione dei
debiti sovrani dei paesi”.
Il dibattito circa la condotta del governo Argentino in merito
alla gestione del proprio debito pubblico costituisce un argomento decisamente spinoso e varie circostanze contribuiscono
a renderlo controverso: ad esempio la polarizzazione politica
esistente nella pubblica opinione argentina che si divide essenzialmente tra “K” e “non-K”, l'uso di etichette come quella
di “fondi-avvoltoio”, il fatto che la contesa legale tra lo stato
argentino e alcuni creditori si svolga
nei potenti Stati Uniti
d'America, visti talvolta come fonte di
cospirazioni politico-economiche da una
vecchia tradizione politico-culturale (a volte non senza fondamenti,
spesso in maniera sbrigativa).
Per certi versi si tratta di una controversia antica nell'organizzazione delle società umane, che era stata colta in maniera lucidissima diversi secoli fa da Shakespeare nella sua
opera “Il mercante di Venezia”, in cui le autorità della repubblica di San Marco debbono prendere una difficile decisione: avallare il disegno di un usuraio (che però ha dalla
sua parte la forza del diritto) oppure accontentare il desiderio della popolazione che lo osteggia (ma in questa maniera
violare un principio legale e compromettere la fiducia nella
legge veneziana)? Permettere che un fondo d'investimenti
gestito da 300 persone si imponga ad una nazione di 41 milioni di persone (come ha scritto il New York Times) oppure
introdurre il principio che alcuni debito possono non essere
ripagati nelle forme dovute? In alcune circostanze i principi
etici e legali generalmente accettati e le situazioni contingenti non sono compatibili.
Per queste ragioni ci sembra che su questo tema l'Italia
abbia fatto la sua parte in maniera corretta: ha espresso la
sua solidarietà in maniera chiara, sottolineando i vincoli
culturali ed economici tra i due paesi e la sua comprensione nei confronti delle difficoltà dell'Argentina, al
tempo stesso, in maniera più specifica, attraverso due importanti organi istituzionali, ha
posto l'accento sulla “volontà” dell'Argentina di far fronte agli impegni e
sulla necessità di introdurre procedure internazionali ad hoc
per i paesi in difficoltà col
proprio debito.
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