territorio
Natur Gresta e dalle aziende agricole Na Val de Gresta , Abete Rosso , Naranch , Ars Naturae . A rappresentare questo sforzo congiunto si è costituito il comitato “ Terre di Gresta ”, che oggi porta avanti il progetto . I terrazzamenti che formano il paesaggio della Val di Gresta - come dei grandi anfiteatri sono visibili attorno a tutti i paesi della valle - sono un patrimonio ambientale , storico e anche agricolo . I muri a secco testimoniano la cultura antica di sacrificio dei contadini , e lo sforzo moderno per tornare a produrre su quei gradoni verdi . Coltivare , negli appezzamenti piccoli e terrazzati della Val di Gresta , non è mai stato facile . I macchinari spesso non posso accedere alle coltivazioni , e la dimensione ridotta di ciascun campo offre un ritorno economico ben diverso da quello della produzione estensiva . Eppure la Valle si è votata al biologico fin dagli anni ’ 80 , anticipando ogni moda e tendenza . “ Qui il rapporto con la natura è una forma di meditazione - dice Loris Cimonetti , presidente del Biodistretto Val di Gresta , ente capofila nel progetto “ Il sistema agricolo terrazzato della Val di Gresta ” - perché da qualche anno abbiamo ritrovato una sensibilità nei confronti dell ’ ambiente che era andata perduta ”. E il riconoscimento ottenuto da Roma punta proprio a sviluppare questa sensibilità coinvolgendo le forze del territorio . In primo luogo , i produttori : “ Da qualche anno c ’ è un ritorno alla terra da parte dei giovani - spiega Anna Viganò , coordinatrice del comitato Terre di Gresta - che va incentivato con progetti che promuovano il territorio
Sopra “ Creino ’ s potatoes ” ( Michela Tomasi ); sotto il sistema agricolo terrazzato ( Guido Benedetti ); nella pagina accanto la Chiesa di Corniano ( Alessandro Casagrande )
intero , in modo da tutelare anche il valore della produzione , con particolare attenzione al biologico ”. L ’ imprenditorialità agricola dei giovani è una spinta fondamentale per il progetto . “ Paradossalmente per tutelare il sistema dei terrazzamenti e dei muri a secco , bisogna sfruttarli - continua la coordinatrice Viganò - altrimenti il bosco si “ mangerebbe ” ciò che l ’ uomo ha costruito ”.
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