DENTROCASA OTTOBRE 2019 | Page 38

oltre la ricetta MARCO VALLETTA, LA CULTURA IN CUCINA La capacità di trasmettere la propria tecnica e la propria passione. Tra tradizioni territoriali e sperimentazione. M arco Valletta non è solamente uno chef di prim’ordine, ma anche un grande esperto di cultura gastronomica. Oggi è una testimonianza vivente di un patrimonio, quello culinario, che oltre a identificare un territorio ne detta anche il benessere. Lo ha incontrato per i lettori di DENTROCASA la brand manager di “Chefs for Life” Ljubica Komlenic supportata, come di consueto, dall’artista-fotografo Giovanni Panarotto. A Marco Valletta piace autodefinirsi napo- veneto perché nato appunto da papà napoletano e mamma veneta. Originario anch’egli di Napoli, si trasferisce negli 36 Stati Uniti nel 1984 e, al ritorno, fa diverse esperienze in giro per l’Italia e l’Europa. Ma chi era da bambino? “Ho fratelli molto più grandi, quindi ho sempre dovuto sgomitare per emergere. Una marachella che ricordo in particolare? A 9 anni ho fumato una sigaretta di mio padre e mia mamma, quando mi ha scoperto, mi ha infilato nella vasca da bagno in acqua fredda e me le ha suonate. Per me è stata una lezione di disciplina che mi sono portato dietro per tutta la vita. Sono convinto che per l’educazione dei bambini occorrono dei sì e dei no pronunciati con assoluta fermezza”. Come ti sei avvicinato a questa professione? “Mi ritengo una persona fortunata che nella vita è riuscita a seguire i propri obiettivi. Ho amato la cucina sin da piccolo, ma non necessariamente nel senso di preparazione di cibi. Mi ha invece sempre affascinato l’aspetto dell’insegnamento, il desiderio di trasferire ai giovani la mia passione e la mia conoscenza. Non a caso la mia soddisfazione più grande è che i migliori chef di oggi sono stati miei allievi e me lo riconoscono anche a distanza di anni. Io adoro la cucina fatta con intelligenza, curiosità e scientificità. Noi non facciamo da mangiare, noi cuciniamo, interpretiamo la cura delle materie prime, l’attenzione alle tecniche di cottura e il rispetto dell’alimento. Inoltre nel nostro lavoro sappiamo subito se abbiamo fatto bene o male, nel senso che il riscontro del cliente è immediato”. Meno astrattismi e più rigore, quindi: “Esattamente. Oggi in cucina l’arte prende spesso il sopravvento sulle tecniche di base, ma non ha senso fare i creativi senza possedere i fondamenti adeguati. Giotto, ad esempio, è diventato grande non solo per talento naturale. Noi cuochi siamo promotori di salute ed è importante fare in modo che quello che prepariamo sia sempre comprensibile per il nostro cliente. La ricerca dell’accostamento particolare ci può stare, ma se l’avventore non lo capisce, abbiamo mancato il nostro obiettivo”. Quanto conta la masticazione? “Un corretto approccio al cibo è importantissimo. Si riconosce se un cibo è succulento, o anche se è stato cotto bene, proprio dalla masticazione, da quanto sta in bocca prima che se ne percepisca l’essenza: la bocca