DENTROCASA FEBBRAIO 2023 | Page 35

La sua migliore fotografia sarà sempre la prossima , perché Marco Girolami è uno che non si ferma mai , che non si accontenta della straordinarietà di uno scatto . E nemmeno del successo che in tanti anni di carriera gli è stato tributato , ritraendo personaggi del calibro di Spike Lee , Brooke Shields , o Pedro Almodovar , solo per citarne alcuni . Nel suo obiettivo cerca l ’ emozione a tutto tondo , quella che investe il fotografo , ma anche quella che viene trasmessa all ’ osservatore . Foto che comunicano entusiasmo e energia , mettendo in gioco i soggetti ma anche il loro autore che in carriera ha sempre fatto coincidere magistralmente la sua passione con il suo lavoro . “ La fotografia – ci racconta lo stesso Marco Girolami – mi permette di esprimere me stesso , essere costantemente in gioco , riuscire a gratificarmi e soddisfare quindi quella che per me è un ’ autentica necessità . È una fonte continua di ispirazione , che mi consente di crescere , esplorare , conoscere e soprattutto non lasciarmi “ inquinare ” da quella che può essere la prima impressione ”. Ci vogliono studio , preparazione , una sana e mai sazia curiosità . Ci vuole anche la capacità di sapersi reinventare nel tempo e proprio al tempo rendersi superiori realizzando opere destinate a rimanere immortali . Un ’ impresa non da poco , specie contro quella che Girolami definisce la fotografia “ mordi e fuggi ”, le immagini cioè che ci bombardano su Internet , nei social , figlie dello spopolare del digitale . La fotografia è un amore sbocciato quasi per caso , dato che Marco Girolami viene da una famiglia legata al cinema : papà attore , nonno prima autore e poi regista e zio anch ’ egli noto regista di film d ’ azione al quale si è ispirato perfino Quentin Tarantino . La mamma ha invece fatto la mannequin , con partecipazioni in importanti campagne pubblicitarie e amicizie del calibro di Lancetti e Capucci . “ Io studiavo Legge – spiega Girolami – perché il cinema non mi interessava proprio . Non ero però un grande studente e pensavo invece più a divertirmi . Mio nonno mi propose di fare l ’ assistente alla regia , offrendomi in cambio 100mila lire e così accettai . Nei tanti tempi morti del set , per battere la noia , mio padre mi suggerì di portare la macchina fotografica : feci qualche scatto e da lì scoppiò il mio grande amore per la fotografia . Avevo individuato la mia strada e , innamorato del bianco e nero , mi misi a sviluppare la tecnica prima da

autodidatta , attraverso i libri , poi avvertendo la necessità di perfezionarmi e avviare una vera e propria professione ”. Cosa la affascina della fotografia che il cinema invece non ha ? “ Senz ’ altro l ‘ immediatezza , anche se al tempo , con le pellicole , non avevamo ovviamente la rapidità del digitale di oggi . Tra l ’ altro , vivendo i tempi della crisi del cinema e conoscendo bene l ’ entità del materiale occorrente per girare un film , capii subito che la fotografia mi permetteva al contrario di avere un risultato molto più
rapido . Inoltre è un ’ attività che potevo intraprendere da solo ”. I primi passi furono già significativi : “ Cercai di fare l ’ assistente a titolo gratuito per qualche fotografo e mi iscrissi all ’ Istituto Europeo di Design . Migliorando il know-how fui preso come assistente da Angelo Frontoni , allora famoso fotografo delle dive , come Sophia Loren ad esempio . Continuando a studiare nelle scuole di fotografia , sviluppai poi l ’ idea di realizzare un piccolo book personale e avviare la mia scalata verso Milano , quella “ Milano da bere ” ai tempi tanto gettonata e frequentata , meta indiscussa di personaggi dello spettacolo e della cultura . Senza conoscere nessuno , affittai un monolocale per poter fare l ’ assistente al mitico Superstudio , approfittando anche dell ’ esplosione del prêt-à-porter . I miei lavori destarono subito un grandissimo interesse orientandomi sullo still life anche per diverse campagne pubblicitarie . Poi , approfittando dell ’ ambiente , cominciai a fare anche foto e cataloghi di moda . Il mio carattere disponibile , curioso e affabile , mi consentì di allargare la cerchia delle conoscenze . Da lì l ’ approdo anche al ritratto . In questo campo mi notò il grandissimo Paolo Pietroni , direttore di Max , allora uno dei migliori mensili al mondo . A Max e all ’ inserto Sette c ’ era , tra l ’ altro , Amilcare G . Ponchielli , tra i più grandi photoeditor a livello internazionale . Con il servizio a Charlotte Lewis , starlette americana che aveva appena fatto il film “ Pirati ” di Roman Polanski con Walter Matthau , riscossi un grandissimo successo : le mie immagini campeggiarono su diversi manifesti sparsi per Milano . La specializzazione nel ritratto iniziò da lì ”. Marco Girolami ha maturato esperienze in tutto il mondo … “ Dopo 5 anni a Milano , l ’ approdo a New York , dapprima con l ’ intenzione di fermarmi solo 10 giorni . Presto però mi diedi da fare per creare contatti di lavoro anche in questa città e fui notato dall ’ art director di Entertainment Weekly , del gruppo Times , aprendomi le porte ai ritratti anche a livello internazionale . Trasferitomi a New York subii sfortunatamente la crisi del gruppo Times , che ricorse a molti licenziamenti , e iniziai così a lavorare per le riviste italiane . Dopo due anni rientrai a Roma . La pubblicità nel frattempo era cambiata , con il progressivo inserimento delle persone , del life style , del piacere di vivere . Su questa linea d ’ onda realizzai così molte campagne di livello , come Ferrari , British Airways , fino alla prestigiosissima campagna per Alitalia , per Usa e Canada . Questo mi portò notorietà in Inghilterra dove arrivai a curare la campagna per Hilton Group ”. L ’ intento è stato sempre quello di migliorare la propria arte : “ Ho guardato in continuazione le opere degli altri , ma non ho mai perso di vista il mio stile , rendendo i miei tratti riconoscibili nel tempo . Sono stato tra i primi a fare i tagli a metà , a tre quarti . Tra i primi anche ad andare direttamente dalle celebrities e non farle venire in studio , come è accaduto per gli Spandau Ballet ”.