Dance&Culture N°4-5-6/2016 D&C 4-5-6-16 | Page 43

basket, danza, mia madre era in giro tutto il giorno per accompagnarmi alle mie at- tività e di questo gliene sono immensamente grato. La mia famiglia ha sempre supporta- to tutte le mie scelte e mi ha incoraggiato anche quando non comprendevano esatta- mente dove il mio girovagare mi avrebbe condotto. Della tua formazione che ri- cordi hai? Il lavoro importante che ho potuto fare con Paolo Podini, il mio insegnante all’Accade- mia della Scala dove tutt’ora insegna. Ci tengo a fare il suo nome, perché a lui devo la mia preparazione tecnica, il suo insegnamento è stato fon- damentale per me. Credo di essere stato all’epo- ca uno dei pochi a sceglie- re di lasciare la Scuola della Scala, non perché il lavoro non fosse buono, tutt’altro, ma sentivo che la direzione della Prina incentrasse tutto sull’a- spetto accademico e c’erano poche possibilità di andare in palcoscenico, o partecipare ai Concorsi. Ora, sotto la di- rezione Olivierì le cose sono cambiate, l’aspetto artistico, al quale io tenevo in partico- lar modo, oggi ha un suo peso. I ragazzi possono partecipare a importanti concorsi e men- tre con la Prina andavamo in scena due volte l’anno, oggi si fanno più spettacoli e questo è un’opportunità importante al fine di preparare al meglio un danzatore. Come mai dopo il diploma la scelta di Zurigo? Tutti sono passati a Zurigo, anche Fe- derico Bonelli, coincidenza o scelta precisa? Non saprei dirti, in molti sia- mo stati Zurigo. All’ epoca, quando c’ era Heinz Spoerli, il ricambio dei danzatori era tal- mente rapido che la possibili- tà di entrare in compagnia era più alta rispetto ad altre real- tà. Heinz licenziava la gen- te dall’oggi al domani con le più svariate motivazioni, l’an- no che sono entrato io erano cambiati sedici danzatori. Immagino fosse molto esigen- te. Molto, ma per iniziare era l’i- deale perché spesso il pas- saggio dalla scuola alla compagnia è un passaggio delicato. Devo ad Heinz Spo- erli la mia crescita dopo la scuola, però anche io dopo due anni sono andato via per motivi personali e incompren- sioni che poco avevano a che vedere con la danza. Ho così deciso di andare ad Oslo per un anno. Sono ancora felice di quella scelta perché ho lavo- rato con molti coreografi. E poi sei arrivato al Royal Bal- let? Si, mi avevano già proposto il contratto per l’anno in cui ero stato a Oslo, ma c’erano pro- blemi che si sono risolti nel 2010 e così sono entrato. Oggi sono primo solista. Spiegaci un po’ la scala gerar- chica dei ruoli, perché nelle traduzioni dall’inglese all’ita- liano si fa confusione. Hai ragione, lo dico sempre, è una posizione che confon- de molti. Capita che i giornali italiani riportino erroneamen- te il mio ruolo scrivendo primo ballerino. Sono appena sotto il primo ballerino ma sopra il solista, due terzi del mio lavo- ro è come solista di primo cast e per il resto ho ruoli di primo ballerino. Qual è ora il tuo rapporto con l’Italia e che idea hai della no- stra realtà? Complicata. Come tutti i col- leghi italiani che lavorano all’estero anch’io aspiro ad avere spazi nel mio paese. Provo continuamente a fare stage e da mesi penso ad un mio spettacolo. Con il Rotary Club di Firenze avevo prova- to a proporre uno spettacolo al Maggio affittando il Teatro, ma il Sovrintendente, sotto pressione per innumerevo- li motivi, non prese in consi- derazione l’opportunità. Ho provato anche con Il Teatro Grande di Brescia, città dove sono conosciuto, proponendo eccellenze di livello mondia- le, con tutto esaurito che sa- rebbe stato garantito, ma non hanno usato la cortesia di una risposta. E’ necessario farsi introdurre da qualcuno, devi appartene- re ad un giro di persone che abbiano le chiavi d’accesso anche solo per essere ascol- tato e sono in pochi ad avere questo potere… So che hai anche coreografa- to… Coreografo da 4 anni la com- pagnia New English Ballet Theatre di Londra. E’ una com- pagnia che lavora 4-5 mesi all’anno. La compagnia nasce dall’esigenza di cimentarsi in una realtà di passaggio tra la formazione e il professionismo. Un luogo dove giovani danza- tori, musicisti, designer, coreo- grafi acquisiscono esperienza vicendevolmente. Quale linguaggio utilizzi per le tue coreografie? Il mio genere è classico/neo- classico. Spero veramente di poter mostrare il mio lavoro in Italia, ho avuto il piacere di conoscere Roberto Giovanar- di al quale ho dato tutto il mio materiale in visione. Qual è stata l’occasione per cominciare? 43