chissà quanti anni. E quel che resta di essa è all’ ombra di due palme invecchiate e stanche, piegate dal vento e dal tempo. Quanti discorsi hanno ascoltato quelle mura consumate, quanti incontri sul far della sera, con le farfalle nello stomaco e un giovane cuore in mano da offrire all’ amore, quello vero … Due biciclette appoggiate su un muretto di cinta ora crollato, distrutto, e ci si sedeva su quel muretto, dando il via a voli pindarici che iniziavano con un“ forse” o un“ magari” o un“ semmai”, per diventare poi un tappeto volante su cui lasciarsi trasportare in luoghi misteriosi e sconosciuti. Dopo la casa rossa un incrocio, a sinistra di esso un recinto, che delimita una lingua di terra dove anni fa un cucciolo, un batuffolo bianco, con due occhi neri vivacissimi, scodinzolante, correva abbaiando, attirando l’ attenzione di passanti in bicicletta o a piedi. E’ lì, è ancora lì che si gode il riposo del guerriero, non abbaia più ai passanti; appesantito nel corpo e nell’ incedere, alza a malapena la testa, che pigramente riabbassa, appoggiando il muso sulle zampe anteriori. Toghy … già, Toghy. Avevo persino progettato la sua fuga, per toglierlo da quella gabbia, perché riassaporasse la libertà, randagio, si, pensavo, ma libero … ma poi non ne avevo avuto il coraggio e, quasi con un senso di colpa, ero andata a trovarlo quasi ogni giorno, per anni, a portargli cibo e … carezze, soprattutto carezze. Infilavo la mano nelle maglie più larghe della rete e lui avvicinava il muso e me la leccava. Adesso, guardandolo, mi fa tenerezza, è come se fosse un po ' mio da sempre ma è come se ne vedessi solo ora l’ età, la sua … la mia! Già, l’ età … il tempo … l’ età. Percorrere questa via, in questa stagione della vita, è diventato per me oramai quasi … terapeutico, un antistress naturale, un antidepressivo naturale. Al primo segnale di caduta, mi basta tracciare una linea ideale, che ricongiunge i punti corrispondenti a quegli step di vissuto ed ecco che … mi ritrovo, ritrovo me stessa e, come per incanto, mi sento a casa, protetta, al sicuro. Ma in questa strada non c’ è solo tanta vita, la mia vita, ma anche la morte, la morte di qualcuno strappato anzitempo alla vita stessa, di cui resta soltanto una foto, ingiallita dal sole, dalla polvere, il vento e una croce fissata su una colonnina di marmo. E un albero, che porta il suo nome e fa ombra, quasi a proteggere e custodire quell’ angolo di dolore assurdo, inspiegabile, immenso. E allora diventa quasi inevitabile pensare quanto io sia fortunata rispetto a quella vita mancata, che non potrà mai avere, come me, il suo sacco pieno di ricordi, non avrà più memoria di luoghi, non potrà risentire voci, risate, non potrà neppure godere, come me, dell’ incanto di certi tramonti estivi, tra quei due alberi d’ ulivo …
“ Bella la vita, che se ne va”- cantava una vecchia canzone … e io, in questa“ bellissima” giornata uggiosa, osservo tutto il mio semplice mondo, racchiuso in questa via e … mi sento fortunata perché, da quel“ Carrozzone” non sono ancora ancora scesa "
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