Confluenze Magazine Nt. 17 Numero 23 2017 | Page 6
CONFLUENZE
DIMARCO
Chi ha alcuni decenni di pesca a mosca sulle spalle ben sa l’ostruzionismo
praticato nei confronti dei “moschisti” e di questa concezione della pesca,
ostracismo praticato da associazioni inclusa la principale organizzazione
nazionale, allora FIPS, protesa a promuovere gare su gare e poco altro.
Solo negli ultimi anni ha cambiato linea “politica” accogliendo la filosofia
del catch & release, ma questa pratica è stata portata e diffusa in Italia dal
mondo della pesca a mosca ed in particolare dall’UNPEM, Unione Nazio-
nale Pescatori Mosca, un gruppo di idealisti e volenterosi che, con nessun
mezzo a disposizione, ma mossi unicamente dalla propria passione, hanno
imposto il loro modo di intendere una pesca moderna e maggiormente
compatibile con l’ambiente.
MA OGGI E’ ANCORA QUESTA LA PESCA A MOSCA?
Temo proprio di no, sembra aver smarrito la propria identità ed i propri
convincimenti, ha iniziato a correre dietro alla mentalità che in passato
combatteva, ovvero catturare a tutti i costi e sempre di più…. ha perso la
sua esclusività appiattendosi ed adeguandosi a tutte le altre tecniche.
Un po’ tutto il “movimento” della pesca a mosca sembra essersi smarrito
dietro il mito delle numerose e facili catture.
Potrei portare l’esempio dei “garisti”, in passato rappresentavano una “nic-
chia” nel mondo della pesca a mosca ed erano quasi mal sopportati, ora
sono diventati il riferimento delle nuove generazioni e le stesse aziende di
settore li seguono proponendo attrezzature adatte alle loro tecniche da
gara su pesce. E’ ormai da anni che si pratica la cosiddetta pesca a “filo”;
canne lunghe 3 metri ed oltre, con vettini sensibilissimi e finali lunghi 10 me-
tri ed oltre, eliminando così, di fatto, l’impiego della coda di topo, l’attrezzo
che diversifica la nostra tecnica da tutte le altre.