Confluenze Magazine Nt. 17 Nr. 9 Anno 2 2014 | Page 3
CONFLUENZE
Esperienze di pesca a mosca
Foto di copertina:
Marco,
di Corrado Corradini
L’evoluzione della specie
Siamo alle solite, domani andrò a pescare e come sempre oggi rivedo il parco mosche da portare in
gita. Tante scatole e tante mosche, più opportunità ed anche molta più confusione mentale. Spesso e
volentieri ne porto a spasso una miriade che poi non ricordo di usare o di provare per capire almeno
la loro efficacia. Alla mia età non si cambiano facilmente le abitudini, così mi rassegno a riempire
tutte le tasche del gilet, inserendo anche più scatole per tasca e se questo non bastasse, da qualche
anno porto una borsa di rinforzo in cui stipo altre scatole.
Risultato: uso sempre quelle di cui mi fido, mentre le altre rimangono spesso un’incognita. Preparato
il pacco di mosche, ora tocca alla canna.
Apro l’armadio dove tengo la scorta e le guardo, le osservo, penso. Davanti a me c’è la mia storia
della pesca a mosca, una carrellata di attrezzi che mi pongono davanti a tanti ricordi, a tante avventure e a tanti aneddoti. La mia prima Hardy in fibra, quella dei primi propositi, quella del mio primo
corso, quella delle mie prime uscite di pesca e li accanto, una scatola semivuota delle mie prime mosche, ridotta ai soli ami perché gli artificiali sono andati in pasto a voraci tarme. Poi la mia prima
bamboo, che dopo un anno di pesca vendetti per acquistare la mia prima grafite. Mi pentii di questa
scellerata decisione e dopo qualche anno, miracolosamente riuscii a ricomprarla nello stesso negozio
in cui l’avevo venduta. Ora è riposta come una reliquia, non si tocca più!
Che bel pescare, si partiva con qualsiasi tempo, non esistevano le previsioni “minuto per minuto”, si
andava incontro alla sorte e l’entusiasmo ci faceva superare le difficoltà anche quando le giornate diventavano impossibili. Trote e temoli, qualche salmerino in montagna e sporadiche iridee.
Confluenze 3