Confluenze Magazine Nt. 17 Nr. 9 Anno 2 2014 | Page 127
Quello che invece mi preoccupa è che non vedo il fondo e le
enormi pietre sulle quali sto camminando, che da un passo all’altro mi sollevano o mi fanno sprofondare. Alla fine arrivo in posizione. Qui la corrente inizia a farsi sentire ed i gomiti sono già
andati a bagno un paio di volte, ma non mi frega niente, perché
adesso vedo la passata e sta salendo l’adrenalina. Inizio distendendo la coda davanti a me e sbraccio, a mano, 6/7 metri di running. Vado di single spey, mantenendo un asse di lancio molto
alto e mi accorgo che l’assetto coda-poly lavora bene. Sono ancora lontano dal mio obiettivo e così allungo progressivamente
fino a lambire il primo cambio di pendenza dell’imbuto. Le due
distinte correnti non sembrano essere un problema, anzi, lanciando senza alcun mending, mi accorgo che la corrente più
lenta mi crea una lieve trattenuta, sulla restante parte della
coda, che potrebbe essermi addirittura d’aiuto. Resto su questa
linea per alcune passate e ad un tratto, un attimo prima di recuperare, un violento strattone mi fa fermare il cuore. Rilascio la riserva che, in queste condizioni di pesca, è
assolutamente essenziale. Non aspetto di risentire il pesce e ferro! La canna si piega, ma
non come vorrei. E’ una maledetta Dolly
Varden sul mezzo chilo che mi ha
fatto venire un attacco di cuore.
Ha una difesa vivace, ma per
come sono impostato, la recupero rapidamente.
Mi calmo e torno a pescare.
Allungo ancora in modo progressivo e vado a sondare la
corrente più veloce. E dopo
una decina di minuti di lanci
ciò che attendo … accade! Il
loop del single spey è stretto
e veloce e la mosca si distende perfettamente. Non
passano due secondi ed una
botta tremenda mi trapassa il
cuore. Rilascio la riserva, sento ancora il pesce e poi gli do! Fa un solo
salto, subito, e mi toglie ogni dubbio
anche sulle dimensioni. Un lingotto d’argento
di almeno un metro prende la corrente centrale e
la risale ad una velocità impressionante. Schiena una
volta e riparte nella stessa direzione. E’ una grande fortuna perché se avesse scelto di scendere la rapida sarei dovuto volare sui sassi del fiume per avere qualche possibilità di
tenerla (sempre che mi avesse dato il tempo di uscire dall’acqua!). Dopo le prime sfuriate, ingestibili, è ancora lei che comanda il gioco, così decido di tenerla sotto una pressione
moderata. Voglio che si stanchi ma senza spaventarla troppo. Nel
frattempo mi sposto lentamente in acque più calme e meno profonde. E’ una bella lotta, con il pesce che parte e riparte svariate
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