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P. Nicola Rocca

Italia Sud

vincolare all’onere della rendicontazione in itinere.

E’ l’altro aspetto, quello che mi pare più difficile, perché si tratta di costruire dal nuovo. Dovremmo da subito incominciare a fare esperienza di condivisione; soltanto così giungeremo ben preparati all’evento per il quale stiamo tutti lavorando con grande partecipazione. Abbiamo già qualche utile esperienza in proposito, sia nell’una che nell’altra Provincia, ma c’è da disegnare una strada nuova e da trovare un nuovo stile.

P. Giuseppe, ma alla fine di tutto questo lavoro, sicuramente impegnativo, le vostre comunità come saranno?

Più adulte. Ecco la mia risposta sintetica: saranno comunità cresciute nella disponibilità a mettere insieme ciò di cui ciascuna dispone.

Vede, questa frase (“mettere insieme”) fa pensare ad una specie di cassa comune. Non è una questione di danari, ma una questione di competenze, di disponibilità, di sensibilità, di voglia di lavorare, di pazienza progettuale. Dobbiamo convincerci che oggi non è più possibile lavorare nel sociale senza passare da una progettazione organica, puntuale e, per certi aspetti, puntigliosa. E questo richiede uno stile diverso dal solito, una disponibilità a collaborare, e richiede pure alcune competenze non proprio diffuse. “Mettere insieme” significa andare a trovare queste competenze e farle agire per la rete delle comunità a beneficio dell’intera Provincia allargata.

P. Nicola, le due Provincie hanno già messo in campo alcune esperienze condivise, ci può indicare qualche altro campo verso il quale si potrebbe già da subito lavorare in termini di massima condivisione?

Fra le esperienze di condivisione mi piace ricordare il giornale, questo giornale. Le pagine su cui scriviamo non sono più le pagine di una periodico dell’una o dell’altra Provincia, ma di un mensile che appartiene all’intera famiglia trinitaria italiana. E l’esperienza sembra andare bene. Potrà migliorare, ma è già ben indirizzata.

Qualcosa di analogo si potrà fare anche in altra direzione. Mi piacerebbe far partire da subito, ad esempio, un progetto di pastorale vocazionale nazionale e l’occasione ci può venire dalle suggestioni e i suggerimenti che ci vengono dal Consiglio generale allargato di agosto, e dalle testimonianze dell’ultima giornata mondiale della gioventù.

Potrebbe essere un campo di lavoro che, per la sua forza valoriale e per il carattere simbolico che porta con sé, potrebbe risultare decisivo rispetto alla crescita della motivazione a favore dell’unificazione.

E lei, p. Giuseppe, può darci un altro esempio di lavoro condiviso da far partire subito?

Certamente, si potrebbe anche pensare ad una rete fra confratelli impegnati nello stesso tipo di lavoro. Immagino, ad esempio, una rete fra Parrocchie affidate a Padri Trinitari, per affrontare uno o due problemi comuni, mettendo insieme le risorse e le intelligenze di tutti. Si può pensare di realizzare, sempre a livello di rete di parrocchie, ad iniziative comuni nel campo della pastorale familiare, nel campo del disagio e della marginalità … Ce ne sarebbero di cose da fare.

E qualcosa occorrerà pur realizzare nel tempo che ci manca rispetto al traguardo dell’unificazione, in maniera da segnare una strada e di dare delle prospettive.

P. Nicola, per quella che è la sua esperienza, lei pensa che ci possa essere qualche ostacolo lungo il processo di unificazione delle due Provincie?

Io non temo gli ostacoli, ma l’indifferenza.

Sarebbe sciocco negare le difficoltà, ma si tratta di normalissime e comprensibilissime difficoltà legate principalmente alle questioni burocratiche e giuridico formali che non diventano mai ostacolo se soltanto c’è la disponibilità e la buona volontà.

E sinora ho potuto registrare tanta disponibilità e soprattutto tanta buona volontà.

Quello che temo è il rischio che questo processo si possa compiere quasi all’insaputa di alcuni, mentre dovrebbe coinvolgere tutti, anzi deve coinvolgere proprio tutti e deve trovare in ciascuno un efficace motore di cambiamento.

Non ci uniamo per lasciare tutto come prima, ma ci unifichiamo per dare una nuova configurazione alla nuova unica Provincia e quindi un nuovo progetto pastorale, una nuova attenzione alle questioni vocazionali, un nuovo assetto alle opere di intervento nel sociale.

Occorre che gli attuali capitoli sappiano accendere i cuori in favore di questo slancio verso la novità. E’ questo quel che reputo essenziale. Ed è per questo che invoco la collaborazione di tutti e di ciascuno.

P. Giuseppe, avete pensato a qualche misura transitoria?

Le misure transitorie più efficaci sono quelle di cui abbiamo già detto, ossia alcune esperienze di condivisione da mettere in atto da subito. Si possono poi aggiungere alcune misure di tipo istituzionale, alle quali per il momento stiamo soltanto pensando. Anzi abbiamo persino avviato un’ampia consultazione per capire il livello di gradimento che può avere, ad esempio, una sorta di anno ponte che faciliti il passaggio dall’attuale struttura gestionale a quella che potrà venire ad unificazione effettuata.

Ma, per il momento sono soltanto ipotesi.

E lei, p. Nicola, che cosa ne pensa di eventuali misure transitorie fra l’attuale regime e quello che potrà determinarsi per effetto dell’unità?

Vorrei stabilire (o soltanto ricordare) un criterio generale. Ogni transizione determina alcuni elementi di continuità ed alcuni elementi di discontinuità. Questo è innegabile. Dobbiamo però preoccuparci di tenere insieme discontinuità e continuità. Come?

I nuovi organismi di governo dovranno caratterizzare la loro azione – almeno per un certa fase iniziale – recuperando tutti i criteri già definiti dai precedenti organi capitolari. Le decisioni saranno nuove e dettate dai tempi e dalle esigenze, ma le regole di scelta saranno quelle sin qui adottate dai rispettivi Capitoli.

In questo senso e per questi obiettivi, si può anche giustificare una fase transitoria, da interpretare come momento di creatività, come occasione per giungere a delle sintesi superiori, come possibilità di far crescere le nuove pianticelle con il supporto di quelle più anziane e più robuste.

Il dibattito nelle prossime settimane potrà servire a definire meglio questa fase e i suoi obiettivi.

vengono dal Consiglio generale allargato di agosto, e dalle testimonianze dell’ultima giornata mondiale della gioventù.

Potrebbe essere un campo di lavoro che, per la sua forza valoriale e per il carattere simbolico che porta con sé, potrebbe risultare decisivo rispetto alla crescita della motivazione a favore dell’unificazione.

E lei, P. Giuseppe, può darci un altro esempio di lavoro condiviso da far partire subito?

Certamente, si potrebbe anche pensare ad una rete fra confratelli impegnati nello stesso tipo di lavoro. Immagino, ad esempio, una rete fra Parrocchie affidate a Padri Trinitari, per affrontare uno o due problemi comuni, mettendo insieme le risorse e le intelligenze di