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Come vecchia riflessologa, che da decenni fruga nei piedi altrui per fugarne i malesseri, ne sono testimone convinta: ogni aspetto della vita interna (organi ed apparati) /interiore (psiche e anima) si specchia in qualcosa al di fuori.
Dunque cogliere immagini e sfaccettature riportandole a noi può davvero soddisfare la nostra legittima brama di ben-essere.
L’effetto specchio si sposa col principio della sincronicità, che deve uscire dall’isola della psicologia junghiana per divenire una componente fattiva del nostro quotidiano.
La persona o l’evento col quale mi metto in relazione è l’altro capo del filo con cui sto tessendo la mia vita: se la trama si complica diventandomi incomprensibile, è osservando cosa si muove con me che posso ritrovarne il senso.
In questa ottica ho scelto di affiancare il lavoro fisico delle pressioni plantari con il percorso di decodifica proposto dai tarocchi.
Si sa che tutte le strade portano a Roma, dunque possiamo riavvicinarci al nostro nucleo sano sia stimolando i riflessi degli organi sofferenti. Sia cercando la chiave del riequilibrio specchiandoci in una icona, a noi sincrona nel momento in cui la convochiamo al nostro cospetto.
Ci tufferemo così in un grande fiume che scorre nell’animo umano, quello che passa dalla comprensione degli aspetti archetipici fino all’immedesimarsi, lasciarli vivere e fluire dentro di sé.
La bellezza di questo strumento risiede anche nella precipua capacità di adattarsi al livello di consapevolezza del ricercatore, stimolandone l’evoluzione.
Per chi ha ancora senso ripetersi questa fatidica domanda?
È ovvio: per tutti noi.
E non per incrementare il narcisismo dilagante, ma per riappropriarci della potenza della funzione specchio che il mondo gratuitamente offre a ciascuno.
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